Che cos'è la brand identity
Quando si parla di brand identity, la prima cosa che ci viene in mente è il logo. Logo, palette colori, linee guida su cosa si può e cosa non si può fare. In effetti è difficile pensare alla Nike senza lo swoosh, la Apple senza la mela, la Ferrari senza cavallino rampante: il logo è effettivamente il primo punto di contatto che definisce l'azienda e l'elemento fondante dell'identità di un marchio.
Il logo, spesso sottovalutato, è un potente mezzo attraverso cui iniziare a raccontare chi è l'azienda: colori, logotipo, font sono elementi, mai casuali, che devono trasmettere il quid, quel "qualcosa" dell'azienda ai propri clienti.
Un classico esempio di come bisogna stare attenti a toccare il logo e di come questo guidi l'intera identità di marca è la case history (epic fail direi) di GAP, famoso brand di San Francisco che produce e commercializza abbigliamento e accessori. Non voglio farla lunga, nel 2010 GAP lancia il nuovo logo abbandonando la classica scritta bianca inserita in un quadrato blue navy in favore di una scritta nera con un quadrato sfumato sovrapposto alla "P". Ci sono ancora gli articoli se li cercate su Google. Non bellissimo in effetti, ma non sta a me giudicare.
Internet si ribella, i clienti non riconoscono più il brand. Il nuovo logo inoltre usava il font Helvetica, tanto bello quanto comune, che guarda caso era proprio il font utilizzato nel logo di uno dei loro maggiori competitor. Parte un contest sui social a chi fa la versione più brutta del nuovo logo, nascono siti dedicati, gli specialisti fanno a gara a chi ne parla peggio. Una specie di isteria di massa. Un bel problema.
Dopo pochissimo tempo l'azienda fa marcia indietro e ripristina il vecchio logo, ad oggi ancora utilizzato. L'operazione è stata piuttosto costosa: si stimano circa 100 milioni di dollari bruciati.
La morale della favola? L'identità di marca conta e non deve essere sottovalutata perché ha contribuito alla crescita dell'azienda, a definire l'azienda stessa.
Differenza tra brand identity e brand image
Ci sono 2 modi di vedere il brand: da dentro e da fuori. Vale a dire:
- brand identity è quindi il modo in cui il brand decide di essere in ogni suo modo di comunicare. Brand identity è il modo in cui un brand vuole essere visto.
- brand image è la stessa cosa, vista dalla parte del cliente. Brand image è quindi il modo in cui le persone percepiscono il brand. Brand image è il modo in cui il mondo vede il brand.
La brand identity quindi ha delle componenti tangibili, come il logo, i colori, il font, il tono di voce, le immagini, i post social.
La brand image è più una questione di percezione, di posizionamento di marca e comprende le emozioni che il brand genera, la qualità percepita, la sua reputazione
Brand Identity: perché è importante
Per quanto fondamentale, il logo però non è l'unico elemento dello storytelling aziendale (che si spinge molto oltre). La brand identity, quindi, è una sovrastruttura che si applica a tutto ciò che è visivamente legato all'azienda. Social post, brochure, sito, video, qualsiasi cosa.
In un sistema dove ci si gioca l'attenzione dei propri clienti su una manciata di secondi, avere una forte identità visiva è importante e significa diverse cose:
- Carattere: affermare con forza chi sta parlando
- Riconoscibilità: ridurre il tempo di riconoscimento
- Memorabilità: essere ricordati per i nostri tratti distintivi
- Attenzionalità: attirare immediatamente l'attenzione dei clienti che ci considerano rilevanti
- Differenziazione: distinguersi dai competitor
- Fiducia: come conseguenza dell'aver costruito un rapporto
Questi 6 punti ci dimostrano che la brand identity conta e contribuisce a costruire l'esperienza attraverso cui il cliente si relaziona con la marca. Come abbiamo detto più volte, oggi è qui che si combatte la vera battaglia per prendere nuovi clienti e tenersi i clienti già acquisiti: l'esperienza del cliente, la customer experience, deriva direttamente dallo storytelling ed è solo avendo approfondito le proprie radici, i propri valori, il proprio obiettivo come azienda che si può costruire una vera esperienza.
Come definiamo la brand identity? Stiamo parlando di un piccolo ecosistema di asset aziendali che devono essere combinati e ricombinati, in maniera coerente, tra loro per poter generare una modalità di comunicazione (interna ed esterna) unica e differenziante. Lo storytelling è uno di questi asset ed è quello che tendenzialmente fa da collante per gli altri.
Direi che abbiamo ampiamente chiarito quanto l'identità visiva di un brand sia fondamentale. La parte divertente arriva quando si tratta di usarla per raccontare le storie del brand.
Elementi di una brand identity
Un brand è tante cose. Abbiamo visto parlando di come costruire un brand che è composto da 3 macro-parti, ognuna delle quali ha delle caratteristiche e aspetti ben precisi.
- Il Brand Core. Quello che di importante c'è da sapere è che questa è la parte di pensiero fondamentale per dare le linee guida non solo grafiche ma soprattutto di azione dell'azienda e di comportamento delle persone. Il brand core è composto da 5 elementi (l'essenza del brand, vision, mission, valori aziendali e la value proposition) e come detto è imprescindibile per avere le idee chiare su tutto quello che viene dopo: è, diciamo, equiparabile alla parte strategica di un piano di comunicazione, senza la quale non si può avere una comunicazione di successo se non per un puro caso.
- La Brand Identity, oggetto di questo articolo che andremo a dettagliare a breve.
- La customer experience, cioè tutto ciò che concerne la relazione con il cliente e che comprende prodotti, servizi, persone, eventi, comunicazione, media, social media e qualsiasi altra cosa ti venga in mente che riguardi il rapporto azienda/cliente.
Se il Brand Core è la personalità del Brand, la Brand Identity è l'aspetto, il vestito attraverso cui si presenta ai suoi clienti. La Brand Identity è composta da 2 macro aree: identità verbale e identità visiva.
Brand Identity: identità verbale
Le parole con le quali scegli di far parlare il tuo brand, come in un normale rapporto umano, sono fondamentali. Le parole hanno il potere di insitllare il cambiamento: frasi come "blood diamond" o "dolphin-free tuna" hanno il potere di connotare pratiche poco accettabili e definire un posizionamento dal quale si vogliono prendere le distanze.
Le parole posso prendere diverse forme e dare una linea precisa alla tua brand identity: dal naming attraverso cui i tuoi clienti ti riconoscono, al tuo manifesto attraveros cui dichiari le tue idee o i tuoi valori e puoi attirare clienti che la pensano come te.
Le parole possono creare un concetto che non esisteva prima, esprimere un dato di fatto o una creatività esplosiva. Alcune parole diventano talmente famose che entrano nel vocabolario di tutti i giorni come verbi (Googolare) o come sinonimi di categoria (Mascara, Aspirina).
Il naming
Il naming è un aspetto molto importante della Brand Identity: esattamente come il nome di ognuno di noi ci definisce, il nome di un brand è forse il primo punto di contatto con i propri clienti. Esistono agenzie di comunicazione (agenzie di branding) che si occupano solo di brand identity (ho sentito dire che esistono agenzie di comunicazione specializzate nel brand naming ma non ne conosco personalmente) alle quali ci si può affidare per la scelta del naming oppure ci si può affidare alla propria creatività o addirittura ci sono dei software che generano nomi randomici a partire da parole chiave definite in precedenza.
Qualsiasi sia il modo in cui lo si fa, l'importante è trovare il naming giusto per la tua azienda o il tuo prodotto. Come si sceglie un nome per il proprio brand? Diciamo che in maniera abbastanza sommaria i requisiti potrebbero essere:
- È unico e memorabile?
- È possibile registrarlo?
- Parla in qualche modo di quello che fai, delle caratteristiche del prodotto o di cosa ti differenzia dagli altri?
- Il relativo dominio internet è disponibile (questa sembra una cosa trascurabile ma poi quando devi andare online con il sito se non ne trovi uno è un bel problema - ultimamente è la maggiore difficoltà che noi in agenzia riscontriamo quando ci chiedono un naming)?
- Ha qualche strano significato nella tua o in un altra lingua? Se sì, meglio passare oltre.
- È facile da comprendere quando qualcuno te lo dice al telefono?
- È senza tempo? Può sopravvivere ai prossimi 10 anni senza diventare vecchio?
- Può essere frainteso o capito male e quindi non essere compreso?
Non c'è chance di sapere se il nome sarà quello giusto e quindi un successo. Magari uno rispecchia tutti gli 8 punti qui sopra e comunque può non essere considerato da nessuno oppure non rispecchiarne neanche uno e diventare un successo. Direi che il successo di un naming dipende non solo dal naming in sé ma da tutti gli aspetti della brand identity.
Il payoff
Il payoff in comunicazione, conosciuto anche come tagline, slogan, motto aziendale e non so cos'altro, è una breve frase che solitamente sta sotto al logo e ha lo scopo di aggiungere al naming qualche informazione: può essere informativo, aspirazionale o emotivo.
Qualche payoff ci dice cosa fa l'azienda, cosa vende. Qualche altro ci dà indicazioni sul settore. Alcuni ci motivano e ci danno una visione più ampia su valori del brand. Altri ancora ci descrivono meglio cosa fa il brand soprattutto nei casi in cui il naming non è parlante.
Il tono di voce
Il modo in cui il brand parla o scrive, il modo in cui gira i video o sceglie le immagini, le parole che sceglie, la personalità che esprime nella sua comunicazione vanno a definire il tono di voce. Il tono di voce è la parte di brand identity che richiede una certa empatia nei confronti dei propri clienti: alcuni brand parlano lingue internazionali, altri slang o dialetti molto locali, alcuni sono molto formali, altri hanno un tono molto giocoso.
Il tono di voce non è solo relativo alla "voce" vera e propria: riguarda quindi non solo la scelta delle parole ma è il risultato del modo in cui si esprime ogni aspetto della propria comunicazione: dai colori al taglio degli argomenti che affronta.
Le parole sono importanti e dicono molto del brand: mettiamo in relazione ad esempio Rolex e Durex. Direi che evidentemente non possano parlare allo stesso modo ma che in ogni caso stiamo parlando di 2 brand che ognuno di noi conosce e nei quali riconosce delle grandi aziende.
Per dire cosa. Primo che non esiste un tono di voce giusto o sbagliato, ma solo giusto o sbagliato per il particolare brand che stai costruendo (come detto, tutto scende a cascata dai valori). Secondo che il prodotto, il settore e il target definisce in qualche modo un tono di voce quasi obbligato. Fino a che non arriva qualcuno che rompe totalmente gli schemi.
Brand Identity: identità visiva
C'è altro oltre alle parole. L'identità visiva è quella parte della brand identity che definisce l'effettivo aspetto del brand: interviene quando tu o l'azienda non potete esserci fisicamente, prendendo il vostro posto. L'identità visiva della brand identity è uno strumento potente ed è decisamente il miglior modo per:
- costruire la riconoscibilità del marchio nel tempo
- differenziarsi dalla concorrenza
Rispetto alle parole, che ovviamente sono fondamentali, tuttavia una buona identità visiva è più:
- Di immediata comprensione.
- Riconoscibile.
- Differenziante.
- Flessibile. Una buona identità visiva consente variazioni sul tema pur mantenendo coerenza.
Il logo
L'importanza del logo in comunicazione è un tema che abbiamo già affrontato. Il logo è il vessillo con cui naviga il brand, è quello per cui viene principalmente riconosciuto e ricordato. Come sapere se quel logo è giusto per il tuo brand?
Anche qui non c'è un vero modo: leggevo che quando la freelance Carolyn Davidson presentò l'attuale logo Nike (con tanto di Swoosh) a Phil Knight (cofondatore della Nike stessa), lui disse "non mi convince più di tanto, ma cresceremo insieme" o una cosa del genere. Pagò 35 dollari la Davidson e a posto così. Era il 1971. Nel 1983 le regalò un anello con uno swoosh pieno di diamanti e uno stock di Nike per ringraziarla di aver regalato all'azienda un'icona che è riconosciuta a livello mondiale.
Tornando alla domanda, come posso sapere se il logo è quello giusto? Qualche consiglio:
- È memorabile e riconoscibile
- È iconico o quando lo guardi ti viene da pensare che potrebbe essere fatto meglio o vorresti ridisegnarlo?
- È svincolato dalle mode del momento?
- È abbastanza flessibile da essere messo su un aereo o su una penna?
- Può essere esportato in altre culture?
- È registrabile?
Ultima cosa. Se possibile, non fermarti al logo. Riconosceresti la bottiglia di vetro della Coca Cola anche bendato. Quella bottiglia è praticamente un logo. Oppure pensa alla Guinness che ha trasformato il bicchiere della pinta nero con la schiuma bianca in un'icona mondiale.
Font, colori e linee guida
Il font è una scelta di campo: sembra stupido ma esistono migliaia di font e ognuno esprime qualcosa. Modernità, serietà, giocosità, handmade o qualsiasi altra cosa: il font indica nel bene o nel male un tratto di personalità e un'intenzione del brand.
Il colore è indicativo del brand: Coca Cola nè è un esempio. In qualsiasi parte del mondo troviamo cartelloni rossi o le classiche lattine e ci sentiamo subito a casa. Può anche non essere un colore solo ma una palette di colori, altrettanto riconoscibile.
Le linee guida sono una serie di indicazioni che servono ad avvisare chiunque (all'interno o all'esterno dell'azienda) voglia maneggiare il logo o abbia a che fare con l'dentità visiva. Il messaggio è: vuoi usare il mio logo? Ok, le condizioni sono queste.
Costruire la brand Identity
Il brand identity design è un tema molto rilevante quando si parla di comunicazione. Nelle agenzie di comunicazione c'è sempre, giustamente, un'attenzione particolare alla identità di marca perché fondamentalmente tutte le attività, non solo di comunicazione o marketing ma anche legate alle HR, ai sales e al post sales, discendono direttamente da quello.
Cos'è l'identità di marca? Come costruire la brand identity? Come rafforzare la brand image?
Il brand design: costruire la brand identity
Costruire un brand è un processo che non ha mai fine ma è sempre in evoluzione. Vedremo che ogni cosa che un brand fa ha un impatto nella testa dei suoi consumatori e ne definisce la percezione, positiva o negativa. Ovviamente quando un essere umano si fa un’idea su una certa cosa è molto difficile fargliela cambiare perché il pregiudizio, in realtà, è un comportamento difensivo e altamente economico (in termini di risorse mentali): farsi un’idea e restare aggrappato a quella è molto meno faticoso che sforzarsi di capire come veramente stanno le cose.
Questo vale per ogni tipo di pregiudizio nei confronti di cose e persone: ovviamente i brand non ne sono esenti. Avere una brutta esperienza con un prodotto o un call center imprime un'idea negativa nella nostra testa che è molto difficile da cambiare.
Ecco perché costruire la brand identity è un processo lungo ma soprattutto dedlicato: nel lungo processo che definisce il customer journey dei nostri clienti è molto facile inciampare su una mail, su una richiesta di aiuto non evasa, su una risposta maleducata al telefono ed essere marchiati come quelli che: "sì hanno un bel prodotto ma no, non lo compro più".
Da questa premessa abbiamo capito 2 cose:
- Il brand è in equilibrio tra quello che noi vogliamo che i clienti pensino di lui e quello che pensano veramente di lui
- Costruire un brand non è solo un logo ma si sta progressivamente trasformando nella costruzione dell'esperienza di marca.
L'ultima premessa è questa: noi possiamo fare tutti gli sforzi che vogliamo, ma costruire un brand equivale a costruire la percezioni che i clienti hanno di lui. Il che significa che un brand esiste veramente solo nella testa dei nostri clienti: questa attività è nota ai più come brand positioning.
Brand strategy
Cos'è un brand? Un brand è la somma delle interazioni che una persona sperimenta lungo tutti i touchpoint. Visto che le interazioni di ognuno di noi portano a risultati diversi nella nostra testa, possiamo dire che un brand è la somma di testimonianze di valore e promesse mantenute. Quindi un brand è la somma delle esperienze che quello stesso marchio ci consente di vivere.
Definiamo brand strategy quel piano strategico a lungo termine per la creazione e lo sviluppo di un brand che sappia produrre valore. Diciamo che a livello di comunicazione la brand strategy si riassume in almeno 5 grandi macro aree:
- Nome del Brand
- Tono di voce
- Storytelling (cosa e come lo dici)
- Logo, pittogramma, payoff
- Brand guide: immagini, video, colori e stile
Design e creatività: a cosa serve un brand?
A cosa serve un brand? Qual è il suo vero scopo? Tendenzialmente potremmo dire che serve a lanciare una startup sul mercato, a rilanciare la propria azienda dopo un assestamento nel mercato, a costruire un rapporto con i propri clienti o farsi riconoscere dai propri clienti rispetto ai concorrenti.
Beh sì, è tutto vero. Come possiamo riassumere tutto questo in una sola frase? Il brand aiuta i propri clienti a scegliere. Ci ha visto giusto Seth Godin:
A brand is the set of expectations, memories, stories and relationships that, taken together, account for a consumer’s decision to choose one product or service over another.
Pensiamo a Apple o Android, Coca Cola o Pepsi o a qualsiasi altra cosa vi venga in mente. Non c'è solo il logo che ci aiuta a scegliere ma un set di emozioni, valori, esperienze che ogni marchio ci regala e che preferiamo ad altri. E non è detto che un prodotto sia veramente migliore di altri: per ognuno di noi però diventa in alcuni casi quasi una convinzione (mai parlato di Apple ad un convinto sostenitore di Android?).
D'altro canto il concetto di "brand" (che nasce con tutta probabilità dal "branding of cattles", il processo con cui si marchiavano i tori nel far west) è sempre esistita: pensiamo alla bandiera nera con il teschio dei pirati, alla giacca in pelle dei gruppi di motociclisti, alla maglietta delle squadre di calcio, alla crice dei templari, alle mostrine dei militari e a qualsiasi altra cosa che vi viene in mente.
Appartenenza significa community e community significa fiducia: ecco perché un brand è importante, perché un brand garantisce per i suoi prodotti e, più è conosciuto e più è associato ad esperienze positive, più ci aiuterà a scegliere.
Design e creatività: come rafforzare la brand identity
Rafforzare la brand identity è un'attività necessaria, abbiamo visto i motivi. Non è un caso che le aziende lottino da sempre per essere il brand "top of mind" (il primo in termini di ricordo spontaneo per quella determinata categoria di prodotti).
Come si rafforza la brand identity quindi? Sicuramente attraverso la comunicazione che, come abbiamo visto, può essere istituzionale o di prodotto. Attraverso i social media, attraverso una campagna televisiva, attraverso una campagna creativa in radio o attraverso un'intensa attività di ufficio stampa: ogni marchio utilizza mezzi diversi e già la scelta di un media piuttosto che un altro significa agire sul posizionamento di marca, cioè sulla percezione da parte dei nostri clienti di quel brand.
Ovviamente la comunicazione non basta. Abbiamo visto che alla base dell'attività di storytelling ci sono i valori e la mission/vision aziendali: alla comunicazione devono seguire i fatti, pena un'incoerenza che nel tempo penalizza il marchio.
Quindi ancora una volta, come si rafforza un brand? Attraverso la comunicazione? Sì, certamente. Attraverso le attività di marketing? Attraverso le attività di vendita? Attraverso le attività di customer care? Attraverso la corretta gestione di dipendenti, stakeholder e fornitori? Esatto. Attraverso tutto questo.
In una parola, attraverso le esperienze di marca che siamo in grado di regalare ai clienti e a tutti quelli che ruotano nell'universo del nostro brand.
Brand identity e Storytelling
Un punto molto caro alle agenzie di comunicazione e alle aziende, su cui raramente le due si trovano d'accordo, è il tipo di storia da raccontare. Quali sono le cose giuste da dire? Ovviamente non c'è una risposta giusta a questa domanda anche se possiamo dire cosa sicuramente non deve essere l'unico centro di gravità delle attività di comunicazione: il prodotto o il servizio.
Pensa come sarebbe il profilo Facebook di Durex se parlassero solo di come sono resistenti i loro prodotti. Oppure come sarebbe lo spot della Coca Cola se al posto di parlare di felicità dicessero quanto è gasata la bibita. O se la Nike al posto di ispirare milioni di persone chiudendo un accordo con Michael Jordan avesse continuato a fare abbigliamento supertecnico per sportivi professionisti.
Questi solo i primi 3 esempi di storytelling che mi vengono in mente e se ci pensi sono sicuro che ti verranno in mente decine di casi come questi in cui il successo è dettato dalla storia, più che dal prodotto in sé.
Attenzione. Questo punto è importante e mi voglio soffermare. Tanti anni fa, lavoravo in un'azienda che faceva ricerche di mercato e ci è capitata una ricerca commissionata da un famoso brand multinazionale che produce sigarette. Volevano testare un nuovo brand da lanciare sul mercato italiano. La questione era interessante perché la pubblicità sulle sigarette è vietata da tanti anni (#sapevatelo) quindi la comunicazione non poteva essere un asset su cui contare per influenzare i potenziali clienti.
Inoltre, per quanto gli estimatori pensino di poterlo fare, neanche il prodotto in sé poteva essere una vera scelta perché dopo essere stato bendato nessuno degli utenti era stato in grado di riconoscere quale sigaretta stesse fumando (#risapevatelo).
Ergo. In base a cosa un fumatore sceglie un pacchetto piuttosto che un altro? 3 cose: logo, packaging e valori percepiti. Punto. Del tabacco neanche l'ombra. Del sapore, tanto meno. La scelta era unicamente fatta su base valoriale e sociale: quanto ti faceva sentire figo tirare fuori quel pacchetto e appoggiarlo sul tavolo in una serata con gli amici?
Ecco questo è un buon esempio di quanto il prodotto possa arrivare a contare poco nella scelta di un potenziale cliente. E qui si apre un mondo: quanta parte del successo di brand mondiali è legata ai prodotti e quanto alla storia che raccontano? O meglio, ai valori che condividono con noi consumatori?
Ci sono molti brand che hanno fatto dello storytelling la loro forza e si sono presi una quota di mercato importante grazie alla loro visione del mondo. Mi viene in mente la Diesel, con la sua campagna "for successful living" che ha consacrato il brand nell'olimpo dei top brand mondiali per denim e abbigliamento.
Anche qui, cosa ha segnato il vero successo della campagna? Oltre alla creatività in sé, geniale per quanto mi riguarda, nessuno ha avuto paura di perdersi una fetta di mercato in favore di una coerenza totale con i valori che il brand esprimeva. E il mondo ha riconosciuto questa coerenza, premiandola.
Bene. Chiudendo un po' il discorso, cosa vogliamo dire veramente? Il prodotto non può e non deve essere l'unico centro della comunicazione: lo storytelling aziendale non è una questione razionale ma emotiva.
Da che parte iniziare? Quali sono i tuoi punti di forza:
- Risolvi un problema ai tuoi clienti
- Trova un bisogno che riesci a soddisfare
- Aggiungi valore alle vite dei tuoi clienti
- Crea un'esperienza coerente su tutti i touchpoint
Brand identity e storytelling nel B2B
Come agenzia sono tanti anni che ci occupiamo non solo del mondo consumer ma anche del mondo Business. Devo dire che storicamente il marketing nel B2B è meno spinto, spesso un po' abbandonato a sé stesso. Non è un segreto che molte aziende Business to Business siano guidate dai sales principalmente perché sono loro che fanno il fatturato.
Vero.
Ma se il marketing potesse intervenire nel processo di vendita? Se fosse in grado di impattare direttamente sul fatturato, affiancando il reparto sales? Se potesse trasformarsi anche in un centro di ricavo e non solo di costo (anche se il marketing deve essere visto come un investimento e non un costo fine a se stesso)?
Non c'è alcuna ragione per cui anche aziende B2B non possano fare storytelling. L'inbound marketing è un esempio perfetto di questo.
Tutto quello che ci siamo detti fino ad ora vale anche per il B2B. Anzi, addirittura c'è meno concorrenza visto che sono in pochi a muoversi facendosi affiancare da professionisti.
Conclusioni
Ecco i nostri takeways di giornata:
- Un brand anticipa la tua reputazione
- Un brand ti consente di emergere dall'affollamento del mercato
- Un brand definisce l'appartenenza ad una community
- Un brand definisce un'alleanza, sia questa in una battaglia medievale, un patto tra pirati oppure un patto di collaborazione tra un'azienda e i suoi consumatori.
Brand Identity, per una volta, è un termine abbastanza chiaro che definisce inequivovabilmente l'aspetto del tuo brand, il modo in cui il tuo brand si presenta ai tuoi clienti. Ovviamente disegnare una brand identity di successo, non è una cosa facile. Per diversi motivi, il primo è che un brand, come abbiamo visto, non è fatto solo dal suo lato estetico.
Luca Bizzarri