Target e buyer personas indicano fondamentalmente la stessa cosa: alla fine del processo di comunicazione sono persone a cui rivolgiamo la parola tramire le nostre attività di comunicazione e a cui chiediamo attenzione. E magari qualche acquisto, che non farebbe male.
Cosa sono le buyer personas? Che differenza c'è tra target e buyer persona? Cosa sono i marketing insight (o consumer insight)? Cosa sono i micro moments? Cosa c'entrano i micro moments con il customer journey e lo storytelling? Vediamo di rispondere.
Buyer personas e target: che differenze ci sono?
Tra qualche riga descriverò sia cos'è il target, sia cosa sono le buyer personas e premetto subito che non è che uno sia meglio dell'altra: semplicemente hanno scopi diversi e hanno un genere di approfondimento diverso. Nessun buon e nessun cattivo.
Fino a qualche anno fa, in comunicazione regnava incontrastato il target. Il target è letteralmente il bersaglio della nostra comunicazione e storicamente si definisce attraverso caratteristiche socio-demografiche. Il concetto di target ovviamente non è morto, anzi.
Per lo più il concetto di target, concetto che i nostri amici di Outside the Box, academy di Formazione Etica Aziendale non apprezzano particolarmente perché troppo legato ad un gergo militare (come del resto campagna, strategia, battere la concorrenza), viene utilizzato nella pianificazione media.
I media classici, digitali e i social media, ragionano per statistica e tendenzialmente per caratteristiche sociodemografiche. Anche se oggi esistono cluster di audience suddivisi per interesse o per comportamento digitale, rimaniamo nel campo della statistica. Tutto il programmatic advertising fa dei big data la propria forza ma per quanto sia una tecnologia avanzata non è ancora riuscito a svincolarsi dalla sua necessità di generare cluster.
Quindi il concetti di target è relativo alla segmentazione "donna, 35-45, sportiva, madre, responsabile degli acquisti". E questo è un modo di vedere le cose, né giusto né sbagliato. È così e basta.
Il concetto di buyer persona, molto più recente, si basa su presupposti diversi (e come detto non necessariamente migliori) e in realtà ha anche scopi diversi. Una buyer persona è una rappresentazione più o meno precisa di una tipologia di cliente reale.
C'est à dire, che io come azienda ipotizzo che il mio cliente tipo è una mamma (non lo so, sto vendendo vestiti per ragazzi fino ai 10 anni). Allora comincio a farmi qualche idea dell'età, di dove vive, quali studi ha fatto, quanti figli ha in media e via così. A questo punto ho trovato il target e posso pianificare sui media digitali o sui media classici.
Mettiamo però che voglio aprire un blog per mamme. Sapere che vive a Milano e che ha in media 40 anni mi aiuta ma fino ad un certo punto. Devo approfondire i suoi interessi come mamma, capire quali sono i suoi obiettivi come donna e come madre, capire che lavoro fa e quanto tempo questo lavoro le lascia libero, capire quali sono gli argomenti a cui è interessata.
Ecco che si delinea un percorso un po' diverso da quello che necessita la pianificazione media. Qui devo scrivere di temi che le stanno a cuore, devo scegliere argomenti che lei andrà a cercare spontaneamente. Non mi basta sapere che probabilmente sarà davanti al televisore alle 21.00.
Buyer personas e marketing insight: che relazione c'è
Ecco che introduciamo il primo dei due (principali) elementi che differenziano buyer personas e target: i marketing insight. Cos'è un consumer insight? È un momento di consapevolezza improvvisa che spiega determinati comportamenti degli essere umani in quanto clienti.
Cioè fondamentalmente diciamo che alla base dei nostri comportamenti (in genere e anche quindi come clienti) ci sono degli obiettivi più o meno personali, più o meno celati, più o meno consci. Questo obiettivi sono ciò che ci muovono e ci spingono, in questo caso, a comprare qualcosa. Quando questi obiettivi sono condivisi su molti clienti, possiamo parlare di insight.
Trovare un insight quindi di base significa in parte spiegare il comportamento di diverse persone attraverso un'unica motivazione.
Come si trovano gli insight? Beh, questa è la parte difficile. Non è che uno va in giro per strada e inciampa in un insight. I consumer insight vanno inseguiti, studiati e verificati. Ci sono diverse tecniche, la mia preferita è la teoria dei Jobs to be Done, una tecnica di approfondimento degli obiettivi dei clienti attraverso interviste gestite secondo la dottrina.
La teoria dei Jobs to be Done parte da un assunto molto semplice, alla fine: ognuno di noi consumatori tende alla perfezione, quindi al miglioramento costante della propria condizione. Certo ci sono cose che ognuno di noi reputa fondamentali, ci sono cose invece che non vale la pena di acquistare perché le soluzioni alternative sono accettabili (almeno per il momento).
I jobs to be Done sono una sottile equazione che si sviluppa tra obiettivi personali, costo della soluzione alternativa e priorità percepita (urgenza).
Buyer personas e micro moments: costruire il customer journey
L'altro grande elemento che differenzia i concetti di buyer personas e target sono i mirco moments. I micro momenti sono una trovata geniale di Google che fondamentalmente vuole spostare l'attenzione di tutti verso quello che la gente fa sul suo motore di ricerca: cercare.
Sono quei momenti in cui non resisti a non prendere il cellulare in mano e cercare qualcosa: sono momenti che potenzialmente precedono una decisione. Questo nell'era pre-google era più difficile: ottenere informazioni fino agli anni '90 era appannaggio di chi voleva studiare. Oggi basta così poco.
Una volta si parlava principalmente di acquisto d'impulso. Non che oggi non esiste piùl, anzi. È che prima di comprare solitamente uno si informa e quando hai capito quello che vuoi, apri un sito e compri. Ecco i micro moments. Momenti della vita di tutti i giorni che vanno a popolare il customer journey.
I micro moments sono di 4 tipi: voglio sapere, voglio andare, voglio fare, voglio comprare.
Cosa cambia con i micro moments? Beh cambia tutto. E soprattutto cambia il modo in cui le persone si rapportano all'azienda: ci si appoggia molto meno ad un esperto (ad esempio in negozio) ma si arriva con le idee ben chiare. La vendita inizia molto prima del negozio quindi. Quindi cambia il modo il cui le aziende devono parlare ai propri clienti. E cambiano i mezzi attraverso cui farlo.
E poi cambia sicuramente il modo in cui le persone cercano: non vogliono più un'azienda o un marchio o un prodotto in particolare ma quello che vogliono è una soluzione ai loro problemi, che in quel momento hanno raggiunto il limite della sopportabilità.
Chi parla meglio alle proprie buyer personas e intercetta questi bisogni, vince.
Luca Bizzarri