Storytelling aziendale: definizione, come si fa e un esempio

Storytelling aziendale: definizione, come si fa e un esempio

Prima di vedere cosa sia il brand storytelling, è importante capire come lo storytelling (più in generale) sia una pratica quotidiana per ognuno di noi. Raccontare storie è sempre stato importante, lo facciamo tutti i giorni a livello personale. Lo storytelling ci aiuta a restare connessi con le altre persone, a costruire un legame con loro. Quando parliamo di brand storytelling non è diverso, sia che parliamo di aziende B2c che B2B: a partire dalla brand identity, che dà una forma al brand storytelling, per arrivare al contenuto vero e proprio delle storie.

La narrazione o storytelling è un'arte millenaria che mette in contatto generazioni e culture attraverso le storie. Le storie ci aiutano a comprendere argomenti complessi in modo semplice e ci permettono di relazionarci gli uni con gli altri facendo leva sul nostro lato emotivo. Non deve sembrarci strano quindi che tanti brand usino la tecnica dello storytelling per entrare in contatto con il proprio pubblico.

Il brand storytelling in marketing e comunicazione è diventato sempre più popolare per creare legami più forti e coinvolgere il pubblico. Una narrazione ben strutturata ha almeno 3 effetti:

  1. memorabilità: raggiunge più facilmente le persone e rimane impressa nella loro memoria anche dopo che il logo o il prodotto sono scomparsi dalla loro vista
  2. fiducia: ae fatto correttamente, inoltre, lo storytelling può aiutare a guadagnare fiducia perché fa leva proprio sul lato emotivo di ognuno di noi
  3. differenziazione: il modo in cui ci raccontiamo ci aiuta a distinguerci dagli altri.

Ma qual è la differenza tra storytelling e brand storytelling? Mentre lo storytelling si riferisce alla creazione di narrazioni coinvolgenti in generale, il brand storytelling si concentra specificamente sul racconto delle storie legate ad un marchio. Ha un obiettivo più commerciale. Il brand storytelling coinvolge i clienti come protagonisti della narrazione, facendo leva sulle emozioni e creando una connessione emotiva con il pubblico: si tratta di comunicare i valori, le esperienze e i messaggi del marchio attraverso una narrazione coinvolgente.

Cos'è il brand storytelling? Perché lo storytelling è così efficace? Perché è importante per un'azienda fare brand storytelling?

Indice dell'articolo:

  1. Brand storytelling: definizione
  2. Perché il brand storytelling è importante
  3. I 4 motivi per cui la tua azienda dovrebbe fare storytelling
  4. Come fare storytelling per un brand?
  5. Gli elementi di una strategia di brand storytelling
  6. Cosa sono gli obiettivi smart + video
  7. Definire gli obiettivi del brand storytelling
  8. Definire gli obiettivi per la strategia di brand storytelling
  9. Brand storytelling, un esempio a cui ispirarsi

Brand storytelling: definizione

Definiamo il brand storytelling come una attività strategica di content marketing, quindi di creazione e gestione del contenuto, che ha l'obiettivo di costruire una relazione con prospect e clienti, facendo leva su valori condivisi ed emozioni.

Il brand storytelling è quindi la capacità che un brand ha di raccontare storie che abbiano lo scopo di ottenere l'attenzione dei propri clienti e li aiuti a costruire una relazione con loro.

Oggi ovviamente il concetto di "attenzione" non può essere ignorato nella costruzione della propria attività di content marketing: abbiamo ogni giorno accesso a migliaia di informazioni attraverso centinaia di touchpoint. Quando riusciamo ad avere qualche secondo di attenzione, dobbiamo giocarcelo bene.

La capacità di fare brand storytelling è strettamente lagata ai valori che il brand stesso rappresenta: al grido di "non puoi essere tutto per tutti", l'obiettivo è quello di attirare clienti che condividano quegli stessi valori. Non vale la pena di snaturare l'essenza del proprio brand per prendere una manciata di clienti in più (e probabilmente perdere quelli che, in quei valori, ci credono veramente).

Non finiremo mai di dire che il mondo della comunicazione è cambiato drasticamente negli ultimi 20 anni: le grandi pubblicità a cui diversi marchi ci avevano abituato tra gli anni '80 e '90 non sono più il pivot della comunicazione aziendale ma sono stati sostuituiti da altre modalità attraverso cui i brand si relazionano ai propri clienti.

L'avvento del mondo digitale e dei social media ha giocato un ruolo fondamentale (nel bene e nel male), abbattendo le barriere all'ingresso della comunicazione (fino a 20 anni fa fare comunicazione significava fare un piano media, con i relativi costi), democratizzando i processi e imponendo nuove modalità di relazione tra brand e clienti. Non più, quindi, solo una questione unidirezionale (come con uno spot TV) e una modalità che il brand faceva cadere dall'alto, ma una relazione più diretta e personale, bi-direzionale e democratica.

Perché il brand storytelling è importante

Perché le aziende hanno bisogno di raccontare storie? Quali sono i motivi per cui il brand storytelling è importante? Esistono altri motivi, al di là di quello che ci siamo appena detti su quanto i media stessi siano cambiati e impongano diverse modalità di comunicazione? 

Una buona parte dell'importanza delle storie nel content marketing è vincolata alla capacità di attenzione dell'essere umano. Sappiamo che impenditori e venditori di successo raccontano storie ogni giorno. Esiste un legame tra il loro successo e le storie che raccontano? Probabilmente sì.

Esiste un fenomeno, conosciuto come curva dell'oblio, che evidenzia quanto le prestazioni mnemoniche in condizioni normali di noi mortali siano relativamente scarse. E che vadano peggiorando nel tempo: già dopo 20 minuti si stima che il ricordo di quanto appreso arrivi intorno al 50%. Figuriamoci cosa succede dopo un mese.

Il meccanismo che sta sotto alla memoria ha, come la maggior parte dei meccanismi del cervello, una funzione adattiva: noi sappiamo stare al mondo perché ricordiamo come ci dobbiamo comportare nelle diverse occasioni. La memoria ha quindi una funzione predittiva su molti comportamenti.

Pensiamo a quando stiamo guidando. Spesso siamo assorti nei nostri pensieri finché non succede qualcosa che non ci aspettiamo (un cane in mezzo alla strada), momento in cui riprendiamo coscienza e controllo attivo sulla situazione. Possiamo quindi dire che quando la memoria non sta svolgendo la sua funzione predittiva, allora attiviamo la nostra attenzione.

Cosa c'entra tutto questo con il brand storytelling? Che stiamo guidando o ascoltando cosa ci dice un brand sui social, la soglia dell'attenzione rimane bassa finché qualcosa di inaspettato non la attiva: una storia, ad esempio, essendo difficilmente prevedibile, ha questa capacità.

Se inoltre aggiungiamo che è in grado di generare emozioni e di creare legami profondi vincolati a valori condivisi, capiamo che la potenza di una storia è qualcosa che va al di là delle parole con cui è scritta.

Ecco perché il brand storytelling è importante.

I 4 motivi per cui la tua azienda dovrebbe fare storytelling

Comunicare efficacemente è un lavoro complesso che richiede molte variabili in gioco, dal tono della comunicazione alla creatività, dalle buyer personas alle esperienze del cliente. Spesso, l'azienda non riesce a tenere tutto sotto controllo come vorrebbe. Ecco perché lo storytelling può essere la soluzione per semplificare e raggiungere obiettivi chiari attraverso una strategia di comunicazione ben definita.

Perché Storytelling? Motivo 1: la scelta dei touchpoint.

Il primo motivo per cui è bene costruire una strategia di comunicazione basata sullo storytelling è che in qualche modo ci obbliga a fare delle scelte e semplificare. Non solo su cosa dire e come farlo, ma anche su quali mezzi e a quali persone: definire una strategia di comunicazione significa stabilire degli obiettivi e le modalità attraverso cui raggiungerli.

In questa fase mi preme sottolineare che "di più" non è necessariamente "meglio". Anzi, forse il contrario. Mancanza di risorse, budget centrato su altri reparti aziendali, progetti che non si riescono a chiudere: i motivi sono tanti e alla fine il risultato è che ci si perde dei pezzi per strada.

Meglio pochi punti di contatto ma ben presidiati che avere una dispersione di risorse su decine di touchpoint dove però nessuno risponde alle domande dei clienti. Scegliere bene i touchpoint da presidiare è strategico per la riuscita dell'attività di comunicazione e dipende in grande parte dalla buyer persona a cui ci stiamo rivolgendo.

Perché Storytelling? Motivo 2: il controllo del processo di comunicazione.

Se stai facendo un'attività di comunicazione, se stai facendo Storytelling è perché vuoi essere il protagonista positivo della storia che stai raccontando. In altri casi è perché hai delle grandi storie da raccontare oppure perché i valori di cui sei promotore sono talmente forti che vuoi attirare una community che li condivida con te.

In altri casi invece si intraprende un percorso di comunicazione "home made", senza grandi premesse o attenzioni che può andare bene se si è fortunati o andare male quando la fortuna guarda da un'altra parte. Nella maggior parte dei casi non fa grossi danni, galleggia nel mare dei social media con qualche picco quando si accende la campagna adv, ma non porta grandi risultati.

Il che è un problema comunque perché per ogni social media, per ogni campagna attiva, per ogni post sul blog ci sono risorse impegnate a far sì che le cose nel bene o nel male girino, al di là del risultato che si ottiene. E qui potremmo aprire il discorso della misurazione e dei KPI che però affrontiamo in un'altra sede.

Qual è il rischio di presidiare male (o non presidiare affatto) un touchpoint?

Primo, se un cliente aspetta delle risposte che non arrivano perché non ci sono risorse disponibili, l'azienda non ne esce bene.

Secondo, l'azienda deve rimanere al governo della macchina della comunicazione: quando questa passa in mano alla community le cose potrebbero diventare velocemente ingestibili. I social sembrano una grande comunità ma le persone parlano con i propri contatti e la voce gira in fretta (una cosa del tipo "il paese è picolo, la gente mormora").

Raccontare belle storie quindi non è più sufficiente? Tendenzialmente no: un'azienda oggi non può permettersi di non avere il possesso delle storie che racconta, accettando il fatto che una parte delle storie online saranno spontaneamente raccontate dai propri clienti (chi si è trovato bene, chi male).

Quindi? Come si fa? Almeno 2 cose:

  1. Studio delle buyer personas per capire quali sono i mezzi che frequentano e presidio costante di quei media
  2. Investire sull'esperienza cliente o customer experience come se fosse la cosa più importante. E di fatto lo è perché oggi un prodotto è valutato non tanto per quello che è ma per quello che rappresenta e per come l'azienda gestisce l'intero processo di acquisto (customer journey).

Attenzione. Una customer experience curata nei minimi dettagli presuppone l'intervento del personale aziendale: dal momento che le aziende sono fatte di persone (ok, momento banalità), il loro coinvolgimento nel mindset aziendale e l'allineamento ai valori aziendali è fondamentale per la riuscita dell'operazione.

Perché Storytelling? Motivo 3: i social media sono un focus group sempre attivo.

Dico "social media" ma stiamo parlando anche più in generale. Se ciò che dice Jeff Bezos sul brand è vero ("your brand is what other people say when you are not in the room), oggi abbiamo la possibilità di raggiungere e osservare in qualsiasi momento i nostri clienti: questa chance offerta dal digitale è un'opportunità incredibile per quei markettari capaci di approfittarne.

Non solo i social media sono un fantastico punto di osservazione dei nostri clienti ma la regola del "se non lo so, lo posso chiedere a loro" è sempre valida. Come ci hanno insegnato i Jobs to be Done, quello che decide l'azienda sul proprio prodotto conta il giusto: quello che conta veramente è l'obiettivo degli utilizzatori e il giudizio che danno all'esperienza che vivono durante l'acquisto (pre, durante e post acquisto in realtà).

In quest'ottica ogni prodotto, ogni design, ogni funzionalità non dovrebbero più dipendere da un'esclusiva decisione aziendale ma piuttosto da quello che desderano i suoi utilizzatori.

Perché Storytelling? Motivo 4: puoi comunicare oltre l'ovvio e lo scontato.

Alle persone, quindi anche ai tuoi clienti, piacciono le sorprese. Piace poter vedere dietro le quinte e capire com'è il tuo mondo. Piace trovare un pretesto per festeggiare anche se non è Natale. Ma soprattutto piace sentirsi raccontare qualcosa che abbia un valore per loro, qualsiasi cosa sia. Ecco perché i post su Facebook dei prodotti non vanno: alla gente semplicemente in quel momento non interessa.

Attenzione, non è detto che non gli interessi mai ma semplicemente nel momento in cui sta guardando gattini sui social vuole solo distrarsi, non pensare a nulla di impegnativo. Ecco perché bisogna prima capire a chi stai parlando e poi bisogna stupirli, educarli, ispirarli. Insomma bisogna fare qualcosa per intercettare il loro interesse. E nella maggior parte dei casi questo "qualcosa" non è il prodotto.

Se vuoi approfondire, guarda gli esempi di storytelling selezionati per te. 

 

Come fare storytelling per un brand?

Ma perché quelli dell'agenzia insistono tanto su questa strategia di comunicazione? Perché devono sempre rendere tutto più complicato? Bene. Se stai pensando ad almeno una di queste due domande, questo articolo non fa per te.

Per tutti gli altri, invece, la domanda è diversa. Qual è la differenza tra una comunicazione fatta a caso e una fatta con un pensiero strategico? La differenza è la fortuna. In che senso? Immagina di essere al volante della tua macchina. Sai che stai per andare in palestra, è l'ora di punta. Traffico, pedoni, semafori, case, marciapiedi. Quante sono le probabilità di schiantarsi guidando ad occhi chiusi? Praticamente il 100%.

Ecco, in che senso. Le probabilità di far schiantare un progetto iniziato senza analisi, senza un obiettivo chiaro e quindi senza una strategia sono molto alte. Se non succede (può essere) è fortuna.

Se ci prepariamo prima, invece, abbiamo molte più chance di dire le cose giuste, capire dove stanno le nostre buyer personas, anticipare gli imprevisti.

Se va male (può succedere) è sfortuna: con la differenza che se c'è una solida base strategica si può analizzare la situazione e riprendere in mano le fila del progetto per tararlo e virare verso acque meno profonde.

Quindi, a cosa serve una strategia di comunicazione? Direi:

  • Obbliga a pensare ad obiettivi chiari (e misurabili)
  • Fornisce una visione più ampia del progetto
  • Integra il singolo progetto nel quadro generale (obiettivi più alti)
  • Richiama la necessità di fare un'analisi preliminare
  • Semplifica la gestione degli imprevisti

Non poco direi. E poi è tutto sotto controllo.

 

Gli elementi di una strategia di brand storytelling

Una strategia di brand storytelling efficace richiede una manciata di elementi dai quali non si prescinde e che possiamo riassumere in:

Analisi.

  1. Attuale approccio di comunicazione (e storytelling) all'interno dell'azienda. Come detto una strategia non può andare contro quello che un'azienda rappresenta o ha deciso di rappresentare in quel momento. Ci vuole coerenza.
  2. Una visione su come vuoi che la strategia evolva nei prossimi 6/12 mesi. Questo non vuol dire che la strategia sia scritta nella pietra, solo che è onesto pensare a come saranno i possibili sviluppi.
  3. Definizione delle buyer personas. Chi sono i tuoi clienti, cosa leggono, a quyali argomenti sono sensibili.

Definizione degli obiettivi e priorità

  1. Obiettivi di marketing + obiettivi di comunicazione. Quello che è l'obiettivo aziendale (commerciale, se vogliamo) e quelli che sono gli obiettivi intermedi che possiamo raggiungere attraverso la comunicazione. In altre parole, obiettivi a lungo termine e obiettivi più di breve, legati alla comunicazione.
  2. Priorità chiave. Possiamo in qualche modo gerarchizzare gli obiettivi? Abbiamo delle priorità che rendono quella cosa più importante di un'altra nel brevissimo termine?

Definire la strategia di contenuto

  1. Proposizione di valore. Perché i nostri clienti devono acquistare? Quali vantaggi hanno? Come ci differenziamo dalla concorrenza? Perché noi e non loro? Studiamo i nostri clienti e troviamo una corrispondenza tra i loro bisogni e quello che fa il nostro prodotto: questa deve essere la nostra value proposition. Qui ci viene in soccorso la teoria dei Jobs to be done.
  2. Le prove a sostegno. Una qualsiasi ricerca, analisi, dato o consumer insight che in qualche modo sostenga la nostra proposition.
  3. Best practices. Qualcuno lo ha già fatto? Lo ha fatto bene? Lo copiamo e basta o possiamo migliorarlo? Ricordati di adattarlo alla tua realtà.

Definire il piano editoriale

  1. Un piano di azione. Un piano a fasi in cui delineiamo le azioni da fare oggi, quelle da fare domani con un'idea su come far crescere il progetto e su come scalare al livello successivo.
  2. Le risorse necessarie. Tecnologia, persone, budget, processi, cambiamento culturale.

Misurare i risultati

  1. Risultati attesi e KPI. Se facciamo qualcosa a livello aziendale è perché ci siamo immaginati di avere un certo risultato. Quale? Come lo valuto? Cosa vuol dire per "successo". Ricordiamo sempre che fare è lecito, misurare è importante (proverbio cinese).
  2. Reporting. Già che ci siamo possiamo addirittura abbozzare una struttura per i report. Ci sono software che ci aiutano anche in questo (noi usiamo Databox o Google Data Studio)

Ricordati un punto importante: come detto qui sopra, la strategia non è scritta nella pietra. Non puoi pensare di scriverla e non cambiarla mai: la misurazione, la fase di reporting, esistono proprio per darti degli spunti per migliorare la tua strategia di storytelling e le azioni di comunicazione che ne conseguono.

La verità è che anche la stessa fase di analisi non dovrebbe essere solo una parte iniziale del progetto ma dovrebbero essere fatte anche in corso d'opera, in particolare (almeno) le interviste ai clienti per monitorare costantemente la loro percezione.

Molto probabilmente gli obiettivi a lungo termine non cambieranno. Quelli a breve potrebbero farlo. La strategia lo farà quasi sicuramente.

Cosa sono gli obiettivi smart

 

Definire gli obiettivi del brand storytelling

La strategia di comunicazione, quindi, è il passo necessario per rendere efficiente l'esecuzione di un piano di comunicazione. Nel costruire una strategia di comunicazione, che sia o meno basata su storytelling, devi avere ben chiaro dove sei stato, dove sei ora e dove vuoi andare.

Questo livello di chiarezza non è sempre esplicito o facile da raggiungere. Noi di OFG Advertising abbiamo sviluppato un percorso di conoscenza, che utilizza soprattutto strumenti di Design Thinking, che abbiamo chiamato Discovery.

La discovery è un approfondimento che, non a caso, inizia con l'analisi della storia aziendale, di mission, vision e valori: conoscendo queste cose che, come abbiamo visto, sono alla base del brand storytelling, puoi capire se il progetto ha senso e puoi passare oltre: puoi pensare agli obiettivi.

Si guardano gli obiettivi su almeno 3 livelli:

  • Aziendale.
  • Di reparto.
  • Di team.

Vuoi sicuramente che la tua strategia non contrasti con nessuno dei 3 livelli, altrimenti qualcuno, dall'alto o dal basso, si metterà di traverso.

Due parole su questo tema che è praticamente sempre sottovalutato. Le persone, anche i tuoi collaboratori quindi, sono fatte di credenze, convinzioni, idee, motivazioni, stanno bene (o meno) in un team. Come detto, sono persone. Ecco che arriva la frase fatta: le aziende sono fatte di persone e quindi i progetti devono essere portati avanti necessariamente da loro.

Il punto è che non si può dare per scontato che basta dire una cosa e quella viene fatta esattamente così come è stata pensata. A volte non viene proprio fatta. Quello che voglio dire è che la cultura aziendale è un tema che non deve essere sottovalutato e le persone stesse non devono essere date per scontate: la loro motivazione va guadagnata.

Il bello è che lo storytelling può aiutare anche in questo: i valori aziendali, una mission chiara e definita, processi ben strutturati aiutano indirettamente anche la gestione delle persone.

Definire gli obiettivi per la strategia di brand storytelling

Per sintetizzare, potremmo dire che per gestire con successo una strategia di brand storytelling dobbiamo avere almeno:

  1. Una visione chiara e definita, che significa obiettivi chiari e misurabili.
  2. Una certa frequenza di pubblicazione, che significa un piano editoriale programmato.
  3. Familiarità con il target, che significa conoscere gli strumenti per approfondire la conoscenza delle tue buyer personas.
  4. Uno stile visivo personalizzato,che significa la definizione di linee guida per la tua attività social (o di comunicazione in generale).

Avere obiettivi chiari significa partire con il piede giusto e, come ogni volta,  definire gli obiettivi significa definire le linee guida della futura strategia di marketing e comunicazione. Quindi ad esempio:

  1. Creare una community
  2. Mostrare i propri prodotti
  3. Fare awareness sul marchio
  4. Mostrare la cultura o la vita aziendale
  5. Aumentare la fidelizzazione
  6. Distribuire news e aggiornamenti (branded contents)

Se stabilisci un paio di obiettivi - presi o meno dagli esempi qui sopra -, hai già fatto un grande passo avanti. Il punto è che gli obiettivi definiscono la strategia e la strategia di comunicazione definisce i mezzi da utilizzare. 

La prima domanda che ti devi fare, quindi, è: i media che sto usando sono i mezzi giusti da utilizzare per raggiungere gli obiettivi che mi sono posto? 

Se la risposta è no, la seconda domanda che ti devi fare è: qual è il mezzo che mi consentirà di raggiungere i miei obiettivi nel minor tempo? Non ne farei una semplice questione di costo, non in questa fase. Per quanto sia corretto mantenere i costi sotto controllo, non capisco la spasmodica ossessione verso il risparmio: non stiamo parlando di comprare un pacco di pasta con il 50% di sconto ma del raggiungimento di obiettivi strategici di comunicazione e marketing dai quali dipendono mesi se non anni di lavoro e sui quali verremo valutati. Vale la pena mettere i risultati dietro al fattore risparmio?

A questo punto, domanda dopo domanda, avrai una lista di media, organizzati per affinità con le buyer personas (e per costi di gestione) e pronti ad essere utilizzati.

Non manca altro che definire la strategia di brand storytelling: cosa dico alle mie buyer personas? In che modo? Che tono di voce devo usare?

In linea di massima dobbiamo riuscire a mantenere un approccio smart, o meglio S.M.A.R.T.:

  1. Specific: sfruttare le peculiarità del mezzo
  2. Measurable: scegliere KPI matematicamente controllabili
  3. Attainable: scegliere obiettivi raggiungibili
  4. Relevant: generare contenuti rilevanti per il target 
  5. Time based: definire la frequenza e dedicarci del tempo.

Brand storytelling, un esempio a cui ispirarsi

Un esempio che porto sempre alle lezioni che tengo sullo storytelling aziendale è l'esempio di un'azienda italiana che si chiama Save the Duck. Quest'azienda nasce nel 2012 come costola di un'azienda del mondo fashion, sempre italiana, nata nel lontano 1914. 

Perché mi piace questo esempio di brand storytelling? Fondamentalmente perché è un'azienda dichiaratamente animal-free e cruelty-free, dai forti valori legati all'impatto ambientale dei propri capi (in un business che storicamente è sempre stato altamente inquinante). Senza dimenticare di evidenziare la tecnologia e la tecnicità dei propri capi.

Questo riporta tutto su un piano di sostenibilità che difficilmente non si può apprezzare. Prima azienda B-corp in Italia del mondo fashion, le sue storie sono legate ad un mondo libero da violenza sugli animali, a basso impatto e che aiuta a migliorare la vita anche delle persone.

La coerenza si vede anche nei progetti e nelle associazioni che decidono di sostenere e agli influencer a cui hanno scelto di legarsi.

esempio di brand storytelling

Luca Bizzarri