Employer branding è l'insieme di strategie e tattiche di comunicazione che un'azienda utilizza allo scopo di comunicare in maniera chiara e coerente le proprie caratteristiche distintive per attrarre, coinvolgere e trattenere i talenti giusti, che la possano aiutare a raggiungere i propri obiettivi di crescita e business.
Al concetto di talento è meglio associare quindi la parola "giusto" e non "migliore" perché semplicemente i "migliori talenti" non esistono, esistono solo le persone giuste al posto giusto.
Recentemente ho letto diversi articoli sul tema e devo dire che molti descrivono l'employer branding come un insieme di tecniche per migliorare la propria immagine nei confronti di talenti e dipendenti, ma non la trovo una definizione corretta.
L'employer branding non serve a migliorare l'immagine, serve a migliorare la comunicazione della propria immagine. La differenza è sottile, ma nel primo caso mi sto rivolgendo in modo dubbio a persone con cui dovrei essere sincero e aperto su pregi e difetti della mia azienda: se voglio attrarre e soprattutto tenere talenti non serve migliorare l'immagine, è necessario migliorare l'azienda prima.
Nella sostanza, quindi, l'employer branding non è molto lontano dalle altre forme di branding aziendale. Che si parli a clienti, dipendenti o candidati la sostanza non cambia: alle parole seguono i fatti e, se così non è, le persone se ne accorgono e il rischio reputazionale è anche più elevato.
Contenuti dell'articolo
- Definizione di employer branding
- Obiettivi dell'employer branding
- Il contesto: la great resignation
- Importanza dell'employer branding
- I vantaggi dell'employer branding
- Strategia di employer branding
- La tecnologia a supporto dell'employer branding
- Employer branding e social media
- Employer branding su Instagram e Facebook: best practices
- Employer branding su LinkedIn: cosa fare
- Esempi di Employer Branding di successo
- Conclusioni
Definizione di Employer Branding
L'employer branding è l'insieme di tecniche di comunicazione utilizzate per attrarre, acquisire e trattenere i talenti più adatti all'azienda e che ha lo scopo di comunicare, all'esterno e al suo interno, i propri tratti distintivi, come i propri valori o la propria visione del mondo, in modo coerente e trasparente.
L'employer branding è una derivazione della brand identity e pertanto segue i suoi stessi principi: dipende strettamente dai valori aziendali, deve essere trasparente, aiuta a definire il brand positioning (in questo caso direi l'employer brand positioning) e la EVP o Employee Value Proposition, aiutando il candidato a fare una scelta consapevole.
Se consideriamo l'azienda come il prodotto e il candidato come il cliente, l'employer branding è uno degli strumenti che l'azienda può utilizzare per differenziarsi dalla concorrenza e prendere i talenti che sta cercando. Come detto, non faccio uso della parola "migliore" appositamente. I "migliori talenti" non è una frase che ci piace: tolta qualche eccezione, le persone non danno certo il meglio di sé quando sono demotivate o non vedono il quadro generale.
Da sottolineare che l'employer branding, che è un tema tipicamente di comunicazione e marketing, è parte di uno schema molto più ampio che comprende tutta le gestione della relazione tra azienda e collaboratori: obiettivi aziendali, valori e visione, un'attività organizzata di onboarding e di enablement, piani di carriera, crescita personale. Siamo in mezzo tra HR, marketing e comunicazione.
L'employer branding non è, quindi, l'unica ragione per cui i candidati entrano e rimangono a lungo in azienda, questo dipende anche da molti altri fattori, però è uno strumento fondamentale nella costruzione e nel mantenimento della relazione con le persone che stanno dentro e fuori dall'azienda. Possiamo infatti distinguere due diverse tipologie:
- Employer branding esterno dedicato principalmente alle fasi di attraction acquisition di nuove persone
- Employer branding interno dedicato alla fase di retention dei talenti in azienda nel lungo periodo
Esattamente come si studia il customer journey quindi, possiamo evidenziare e disegnare un candidate's journey e un employer's journey che l'azienda ha la responsabilità non solo di comunicare ma di costruire: è una promessa che l'azienda deve mantenere. Come sappiamo, essere poco trasparenti nella propria comunicazione non ha un vero vantaggio nel lungo periodo: che tu sia un cliente o un candidato, la sensazione di essere stato preso in giro ti rimane attaccata e non aiuta nella relazione. Nè aiuta la brand reputation.
Obiettivi dell'employer branding
Gli obiettivi dell'employer branding sono principalmente obiettivi di comunicazione. Fare branding (non solo legato ai collaboratori), per un'azienda, significa in definitiva essere:
- coerente con se stessa per comunicare gli aspetti di sé che più la rendono unica, in modo realistico e veritiero
- costante nel tempo nel comunicare se stessa al mondo
- trasparente nel raccontare il proprio brand core (mission, vision e valori, obiettivi, strategia)
L'obiettivo dell'employer branding non è quindi quello di rendere autoreferenziale un'azienda e quindi parlarsi addosso su quanto è bello lavorare nei propri uffici ma è quello di:
- motivare le persone che sono già in azienda, condividendo obiettivi e responsabilizzando ogni figura professionale
- trasformare le persone che lavorano in azienda in ambasciatori del brand, all'interno e all'esterno dell'organizzazione
- aiutare il candidato a fare la scelta corretta, nell'interesse di entrambe le parti.
In una parola, l'obiettivo più ampio di questa strategia di comunicazione dedicata a collaboratori e talenti è racchiuso nella parola "reciprocità". Questo concetto è relativamente nuovo nel mondo HR e molte aziende ancora non lo hanno capito: se è vero che le aziende sono fatte di persone, queste sono la risorsa numero uno di ogni azienda e, se sono correttamente motivate, sono il principale motore della crescita aziendale. Do ut des.
Le generazioni passano e le idee di cui si fanno portavoce e la loro mentalità cambiano: oggi chi guida le aziende fa parte, tendenzialmente, di una generazione diversa dai ragazzi che stanno entrando per la prima volta nel mondo del lavoro e questo per loro è potenzialmente un problema generazionale a cavallo tra differenze valoriali e comprensione gli uni degli altri.
Il contesto: employer branding e great resignation
Questa differenza generazionale si sente ancora forte e la great resignation (letteralmente "la grande dimissione") ne è la prova. Come spesso succede, il fenomeno è partito in America che nel Marzo 2022 ha visto un aumento delle dimissioni spontanee dei lavoratori a 4,5 milioni di casi. Solo a Marzo.
In Italia il fenomeno è stato più ridotto ma tra il 2021 e il 2022 c'è stato un aumento delle dimissioni spontanee di circa il 25% . E non è un caso che il fenomeno riguardi principalmente la Gen Z (nati tra il 1997 e il 2012). Cosa sta succedendo?
I ragazzi che stanno entrando ora nel mondo del lavoro hanno una cultura, obiettivi e idee diverse anche solo da quelle che abbiamo noi della generazione X. Per non parlare di quelle dei cosiddetti boomer. Oggi, le nuove generazioni non hanno più l'idea del posto fisso, della seconda casa al mare, della Porsche e del Rolex (cliché, ma è solo a scopo illustrativo).
Da una ricerca Randstad del 2022, emerge chiaramente che alcuni aspetti della vita lavorativa che fino a ieri non erano neanche in lista, prendono le prime posizioni:
- formazione e aggiornamento delle proprie competenze (80%)
- atmosfera di lavoro piacevole e sostenibile (65%)
- work/life balance (65%)
- piano di carriera (65%)
- retribuzione e benefit giudicati idonei (61%)
- certezza del posto di lavoro (58%)
- visibilità sul proprio percorso di carriera (54%)
Importanza dell'employer branding
Perché la gestione dell'immagine aziendale dedicata ai talenti è così importante? Come abbiamo detto il mindset delle nuove generazioni sta cambiando, di più e più velocemente rispetto alle precedenti generazioni, e le aziende non si riescono ancora ad allineare.
La difficoltà di trovare talenti o l'incapacità di trattenerli in azienda sono un vero dramma per ogni azienda, per alcune tipologie di business più di altre. Bisogna abbandonare il concetto di "lavoro" inteso come un mezzo per ottenere un fine che può essere quantificato in euro e abbracciare una visione più aperta, dove le persone sono coinvolte e responsabilizzate, in cui molte dimensioni aziendali sono rese trasparenti e a cui tutta l'organizzazione può avere accesso.
Concetti come la microgestione delle persone, cioè il controllo totale di ogni loro microattività, oppure come i temi legati al "bastone e alla carota", cioè legati a ricompense e punizioni, vanno progessivamente abbandonati perché vecchi e fuori contesto. Un libro molto interessante che ogni manager dovrebbe leggere è Drive di Daniel H. Pink, che delinea gli asset principali attraverso cui costruire la motivazione delle persone.
Tutte le aziende sono pronte? Probabilmente no.
In quest'ottica l'employer branding diventa uno strumento fondamentale per rendere le intenzioni dell'azienda più trasparenti e organizzate. Non tutte le aziende potranno realmente essere l'azienda perfetta e il punto è proprio questo. L'employer branding non deve dire a candidati e collaboratori che, sì, questo è il miglior posto in cui lavorare ma paradossalmente deve fare l'esatto contrario: attrarre solo persone che si sentono in linea con i suoi valori e la sua visione. Gli altri candidati deve essere lasciato indietro, perché non sono un buon fit per l'azienda. E, ovviamente, vale anche il contrario.
Bryan Adams e Charlotte Marshall hanno scritto "Give & Get" un libro molto approfondito che parla di employer branding e il loro assunto di partenza è poco fraintendibile: repel the many and compel the few. Respingi la massa e ingaggia i pochi, solo quelli per cui vale la pena veramente muoversi.
L'altro lato della medaglia è vedere la stessa questione dalla parte del candidato: se riesco a vedere un'azienda per quella che è veramente e capire fin da prima del colloquio come potrebbe essere lavorare lì dentro, posso prendere una decisione consapevole. E se non mi piace, il mio CV non lo vedranno mai.
I vantaggi dell'employer branding
Secondo alcuni studiosi del settore, siamo passati attraverso 2 epoche del management e ora siamo nella terza. L'era dell'execution era definita da un approccio vincolato al controllo e al comando. La seconda era del management è quella dell'expertise, spremuta fino all'ultima goccia.
L'epoca in cui ci troviamo ora è quella dell'empatia, in cui il valore è creato attorno alla collaborazione in primis tra persone dello stesso team, poi tra persone e tecnologia e infine tra diversi reparti aziendali dove si dovrebbe spingere sull'integrazione piuttosto che sulla suddivisione.
Considerando l'importanza dell'empatia, vediamo i vantaggi dell'employer branding sotto una luce diversa:
- Attrarre solo (diciamo principalmente) candidati realmente qualificati per la tua azienda
- Aumentare la retention dei collaboratori e trattenere i talenti in azienda
- Di conseguenza diminuisce la perdita di informazioni chiave detenute dalle persone che hanno lasciato l'azienda
- Trasformare, in alcuni casi, i collaboratori in brand ambassador, entusiasti del brand che facciano da portavoce nel mondo. E la loro voce è molto più credibile di quella della tua azienda.
- Migliora l'immagine del brand e la brand awareness
- Migliora la brand reputation nei confronti del marcato e degli stakeholders
- Può, e deve, entrare di diritto nello storytelling aziendale, anche quello rivolto ai clienti
- Un percorso di employer branding, non solo legato alla comunicazione verso l'interno o verso l'esterno, aiuta l'organizzazione del reparto HR e fornisce gli strumenti per gestire la parte di onboarding, migliorando tempi di inserimento e produttività
Strategie di Employer Branding
Come si costruisce una strategia di employer branding? Come per ogni strategia di comunicazione, tutto parte dagli obiettivi, dai clienti e dall'offerta (in questo caso, dall'azienda stessa).
Fino a qualche anno fa, il candidato arrivava in azienda preoccupato di dover fare bella figura. Oggi questo è forse ancora valido in alcune situazioni ma i ruoli nel colloquio sono più interscambiabili: sono le aziende che devono essere attrattive e devono capire che, per avere le persone di valore, devono mettersi in gioco.
Oggi, tra l'altro, non finisce tutto durante il colloquio, anzi. Non basta attrarre talenti ma, come abbiamo visto, è necessario trattenerli. Quindi la fase di attraction è solo una piccola parte del candidate's journey e le attività che un'azienda mette in campo devono estendersi anche alla gestione del talento (talent management) una volta che è entrato in squadra.
Come si fa una strategia di comunicazione orientata ad attrarre e fare retention sulle persone? Vediamo i 5 passi, direi, obbligatori.
Definire la propria identità aziendale
Non è un percorso molto diverso dalla nostra Discovery, quello che facciamo quando si parla di brand identity: capire dove l'azienda vuole andare, quali sono i valori di cui si fa portavoce, comprendere il proprio scopo e la propria essenza aiuta la chiarezza nella comunicazione. Più le idee sono chiare su chi siamo, più facile sarà comunicarlo ai candidati e farlo capire ai collaboratori.
L'identità aziendale, troppo spesso sottovalutata, aiuta a schiarirsi le idee e costruire una proposizione di valore coerente con la realtà (con quello che l'azienda è veramente), efficace e che sia di ispirazione per qualcuno dei candidati. La parola chiave qui è "qualcuno": la nostra azienda non è per tutti.
Definire employee e candidate personas
Come quando facciamo un piano di comunicazione per un nostro prodotto, dobbiamo capire chi sono i nostri "clienti". Metto tra virgolette perchè ovviamente in questo caso i nostri clienti sono le persone che lavorano o lavoreranno con noi.
- Chi sono?
- Che obiettivi hanno?
- Che formazione hanno avuto e che formazione vorrebbero avere?
- Che motivazioni personali e professionali hanno?
- Perché restano in azienda?
- Cosa li spinge a cercare una nuova occupazione?
- Quali mezzi usano per cercare lavoro?
- Quali sono i loro valori?
Definire la propria EVP, Employee Value Proposition
Dal proprio brand core, dalla propria identità aziendale, dipende direttamente l'EVP o Employee Value Proposition, il valore che l'azienda può passare ai propri collaboratori, il motivo vero per cui dovrebbero scegliere la nostra azienda e non un'altra.
Costruire una employee value proposition è un percorso che deve essere affrontato con fermezza e decisione: agire sulle persone è forse la sfida più difficile di imprenditori e manager. Employee value proposition è principalmente un tema culturale, una questione di allineamento dell'azienda alle persone e delle persone all'azienda: EVP significa definire il valore che un'azienda è in grado di fornire a candidati e collaboratori in cambio del loro impegno.
È bene, tra le altre cose, ricordare che il concetto di "valore" in questo caso non è necessariamente economico ma è l'insieme di vantaggi, benefit e possibilità che l'azienda chiaramente mette a disposizione, in maniera chiara e trasparente, ai candidati e collaboratori.
È bene ricordare quindi che lo scopo della EVP,quindi, non è attrarre più candidati, ma attrarne di meno.
Come, devo fare una comunicazione che non mi porta risultati? Al contrario, il nostro obiettivo non sarà quello di vendere l'azienda ai candidati e ottenere il maggior numero di CV possibile (e di conseguenza perdere un sacco di tempo per qualificarli) ma ricevere poche candidature ma buone per noi.
Cerchiamo il giusto fit, le persone giuste per noi che condividano valori e comportamenti e non solo si possano integrare ma producano a loro volta del valore per l'azienda.
Employer branding e employee value proposition quindi vanno a braccetto nella definizione di un percorso culturale (prima) e di comunicazione (dopo) che serva ad attrarre i candidati giusti e a trattenere i talenti in azienda nel lungo periodo.
Definire le fasi del candidate's journey
Il candidate's journey è l'insieme delle fasi che un candidato affronta nel percorso di selezione. Se il concetto è simile a quello di un cliente, le fasi del candidate's journey solitamente sono 6:
- Awareness
- Consideration
- Interest
- Application
- Selection
- Hire
Il recruiting marketing, cioè quella parte di marketing dedicata e messa in atto dalle HR, riguarda principalmente le prime 3 fasi. Le altre sono un processo più legato al mondo HR vero e proprio.
Il piano di comunicazione
Il piano di comunicazione è l'ultimo step, come sempre. Ora abbiamo più o meno tutti gli strumenti per costruire un ecosistema efficace che attragga lead (candidati) in target e gestisca un flusso di comunicazione anche verso l'interno. Quali sono gli strumenti che possiamo utilizzare? Ad esempio potremmo:
- utilizzare i social media, LinkedIn magari per alcune categorie può essere il mezzo, per altre potrebbero essere più efficaci tiktok o instagram.
- utilizzare la metodologia dell'inbound recruiting e aprire un minisito dedicato alle carriere, con un blog, le CTA, i form e tutto quanto concerne la metodologia inbound.
- usare la marketing automation, questo ci aiuterebbe a gestire anche la comunicazione interna e liberarci da alcune tipologie di lavori manuali
- organizzare degli eventi dedicati come i career day
Non dimentichiamo l'importanza di stabilire dei KPI e di misurare la nostra strategia di employer branding.
La tecnologia a supporto dell'employer branding
La tecnologia ci accompagna in ogni momento e, per le aziende un po' più strutturate, il reparto HR non fa differenza. Sotto il nome di "HR tech", oggi esistono software che ci aiutano a gestire l'intero candidate's journey e il journey dei collaboratori. Altri strumenti, invece, ci aiutano a gestire i processi di acquisition e fidelizzazione delle risorse interne. Nel primo caso parliamo di Human Capital Management, nel secondo di Talent Management.
Gli strumenti di cui stiamo parlando sono principalmente gli ATS (Applicant Tracking System), i sistemi di gestione delle compensazioni, benefit e reward, i software di gamification, i siti career, il CRM.
Un approfondimento sulle piattaforme di apprendimento, visto che con la nostra azienda sorella OTOMO ci abbiamo sbattuto la testa per diverso tempo. Esistono 2 tipi di piattaforme: le LMS (Learning Management System) e LXP (Learning Experience Platform).
La differenza tra le due sta nella parola "experience": il primo tipo di software è più una questione di formazione unidirezionale. Nel secondo caso, le LXP sono più una serie di percorsi che vengono scelti dal fruitore. Un'esperienza più "on demand".
OTOMO, che si occupa principalmente della gestione, della crescita professionale e delle performance dei sales in azienda, ha scelto showpad come piattaforma di LXP e ne è, orgogliosamente, diventata il primo partner italiano.
Employer branding e social media
Inutile dire che, parlando di tecnologia, stiamo parlando anche di social media che, oggi, sono lo strumento forse meno intermediato che le aziende hanno per parlare al proprio pubblico. Oggi vedo spesso la Gen X che usa instagram per prenotare il ristorante. Nel senso, va benissimo. Ma io di solito chiamo. Piccolo esempio, grande differenza di testa.
Per chi cerca non è molto diverso. I social media consentono di:
- comunicare direttamente valori e cultura aziendale, ma anche parlare della vita in azienda, sui benefit dei dipendenti, del clima che c'è
- generare traffico sulla pagina career
- aumentare la brand awareness, lavorare sulla brand reputation e far parlare di sé
- gestire il social recruiting in maniera trasparente e spontanea, quindi più efficace
Employer branding su Instagram e Facebook: best practices
- Creare un profilo dedicato alle risorse umane: "Lavorare in" oppure "Noi di" oppure "Il Team di" qualsiasi cosa. L'importante è che sia chiaro che si parla della vita in azienda, non di prodotto.
- L'ambiente va bene ma ci interessa mostrare com'è la vita in azienda, le persone. Brevi video possono aiutare a gestire meglio questo aspetto.
- Non dimenticarti i tuoi valori e lo storytelling legato al tuo brand core per attrarre talenti in linea.
- Non dimenticare la brand identity, tutto deve essere riconoscibile e in linea con il resto della comunicazione aziendale.
Employer branding su LinkedIn: cosa fare
- Cura la pagina aziendale, prenditi cura dei contenuti che posti. Fallo con costanza, dovresti farlo anche abbastanza spesso ma il tempo a disposizione è quello che è.
- Fai vedere i tuoi collaboratori e com'è la vita in azienda.
- Utilizza video, condividi articoli che parlano di argomenti in linea con i tuoi valori.
- Utilizza commenta i post dei gruppi in cui pensi ci siano i tuoi candidati,
- Coinvolgi i tuoi collaboratori, dimostra direttamente e con i fatti quanto partecipano alla vita dell'azienda e quanto sono effettivamente dediti alla causa. Il fatto che qualcun altro, che non sia direttamente l'azienda, parli dell'azienda aumenta la credibilità e la brand reputation.
Esempi di Employer Branding di successo
Hubspot e il suo cultural code
Essendo loro partner, ci teniamo a presentare una case history di livello mondiale come quella di Hubspot. Azienda di Boston, cresciuta negli anni e consolidatasi come co-leader nel mondo dei CRM, Hubspot ha da sempre considerato come valore fondamentale per la propria crescita il successo delle sue persone.
Sono almeno 4 le lezioni che possiamo trarre da Hubspot e dalla sua strategia di comunicazione:
Employee Value Proposition. La sua EVP (Employee Value Proposition) ruota infatti attorno al concetto "let's grow together" e mette letteralmente le persone al centro. Il suo cultural code, dichiaratamente ispirato a quello di Netflix, è un punto di riferimento per tutti quelli che lavorano per valorizzare l'employer branding.
La pagina career. Il sito career di Hubspot è un grande esempio di inbound recruiting e di come raccontare la vita aziendale attraverso vere testimonianze di chi effettivamente lavora in azienda. Per non parlare del cultural code (che trovi nella pagina carriere, al link qui sopra).
Diversity e inclusività. Hubspot dà voce a tutti e rende ogni persona un vero ambassador del brand, testimoniando l'apertura senza vincoli ad ogni tipo di paese, orientamento, religione o quanto altro possa definire una persona come tale.
Employee experience. Hubspot insiste sul fatto che ognuno di noi può e deve essere la versione migliore di se stesso e pertanto insiste su 3 punti: flessibilità, crescita, appartenenza. Per andare incontro a questi 3 assi portanti della sua employee experience, offre grande spazio alla flessibilità per luoghi e orari di lavoro, offre fino a 5k dollari per programmi di formazione ai dipendenti e stimola il senso di appartenenza con un proprio sistema di healthcare (HubCare), agevolazione per neo genitori o consulenze gratuite per nutrizione e mindfulness.
La Piadineria
Un esempio importante gestito da OFG è il caso dell'employer branding de La Piadineria. Il progetto è partito da un assessment di 4 giornate con le funzioni HR in cui è stata definita la strategia di employer branding da adottare. L'allineamento ha portato alla realizzazione di una campagna di attrazione di nuovi talenti e il completo restyle della parte "lavora con noi" del sito web.
La sezione del sito è stata ricostruita nella sua alberatura, facendo sì che il mondo de La Piadineria arrivasse agli utenti. Parliamo di valori, dello stile, del tono di voce di un brand che deve essere vicino ai ragazzi e allo stesso tempo far capire che, nonostante tutto, è un lavoro di responsabilità.
Per l'occasione abbiamo organizzato uno shooting fotografico dedicato in un punto vendita.
Conclusioni
L'employer branding è un potente strumento di comunicazione verso l'esterno e verso l'interno, che serve principalmente per migliorare la comunicazione della propria azienda verso candidati e collaboratori.
La comunicazione rivolta a talenti, da sola, non fa miracoli ma è una piccola parte, se vogliamo la parte più visibile, di un progetto di gestione delle persone molto più ampio. Diciamo che l'employer branding è la punta dell'iceberg, la parte che si vede e che però deve essere costruita in modo coerente e trasparente intorno a processi ben gestiti di talent management.
La cosa non è propriamente facile da fare. Si tratta di modificare una cultura dentro cui siamo cresciuti e sradicare convinzioni che per decenni hanno guidato il mondo del lavoro come il posto fisso o l'incentivazione economica.
Oggi tutto questo non vale più, o forse non è mai stato il vero motore della motivazione personale e abbiamo tenuto gli occhi chiusi per far finta di non vedere. Oggi non può più essere così e le aziende che lo capiranno per prime, avranno un enorme vantaggio competitivo.
I processi sono fondamentali, il prodotto è al centro dell'attività commerciale ma le aziende sono fatte di persone che, se ben motivate, possono fare la vera differenza.
Se serve approfondire per vedere come questo tipo di comunicazione sta diventando un asset fondamentale per le aziende di tutto il mondo, puoi scaricare la ricerca sull'employer branding di Randstad.
Fare una strategia di employer branding è un'attività delicata, che tocca spesso temi complessi e richiede attenzione, sensibilità e una profonda analisi iniziale. Se inizia a diventare difficile attrarre nuovi talenti o trattenere le persone in azienda e pensi che dovresti allineare il modo in cui la tua azienda comunica a ciò che i tuoi potenziali candidati si aspettano, chiamaci per un consulto gratuito.
Luca Bizzarri