Guida al design thinking: cos'è, definizione, come si fa e un esempio

Guida al design thinking cos'è, definizione, come si fa

Design Thinking: ad una prima analisi la parola "thinking" potrebbe portare verso un qualcosa di astratto, un pensiero che ha molta probabilità di restare tale. In realtà non è proprio così, anzi prima ancora che una vera metodologia il Design Thinking è un modello di pensiero che spinge verso l'innovazione di prodotto e di processo, abbattendo le barriere tra i reparti aziendali e creando un modello circolare di progettazione/prototipazione/testing molto veloce (molto lean, per usare un termine caro a tutti quelli che si stanno facendo un aperitivo proprio adesso), riducendo tempi e costi.

Ma cosa significa veramente Design Thinking? È un approccio che promuove la creatività e la cooperazione per risolvere problemi complessi. Nasce all'Università di Stanford intorno all'inizio del millennio e si propone di superare i limiti dei tradizionali metodi di problem-solving. Invece di concentrarsi solo sulla risoluzione dei problemi, il Design Thinking spinge all'individuazione dei problemi stessi, ponendo l'accento sul cliente e le sue esigenze.

Questo modello di pensiero si basa sulla formazione di team inter-funzionali, in cui ogni membro porta il proprio background, esperienza e visione del mondo per affrontare il problema da diverse prospettive. Questa diversità di punti di vista permette di generare idee innovative e di individuare soluzioni che altrimenti potrebbero sfuggire.

Immaginiamo di voler lanciare un nuovo servizio: se solo una persona si occupa di svilupparlo, si rischia di trascurare aspetti cruciali. Ma se coinvolgiamo professionisti con competenze diverse, otteniamo un approccio più completo e ricco di spunti innovativi. Un commercialista potrebbe suggerire strategie di marketing mirate alle esigenze reali dei clienti, uno sviluppatore potrebbe proporre di digitalizzare il servizio, mentre un designer potrebbe contribuire a migliorare l'esperienza dell'utente attraverso un'organizzazione più intuitiva dei materiali promozionali.

Il Design Thinking non è solo una metodologia, ma un vero e proprio modo di pensare che promuove l'innovazione di prodotto e di processo. Per applicarlo con successo, è necessario conoscere il cliente e il contesto in cui utilizza i nostri prodotti, così da poter migliorare la sua esperienza d'acquisto. Solo dopo aver adottato questa mentalità, si possono utilizzare gli strumenti del Design Thinking per dare forma alle idee e mettere a terra i progetti.

Tuttavia, introdurre il Design Thinking in un'azienda non è sempre facile. Spesso ci sono resistenze al cambiamento e una cultura aziendale che non favorisce l'innovazione. È importante coinvolgere i dipendenti nel processo di trasformazione, fornendo loro una solida motivazione e supporto. Trovare sponsor e leader all'interno dell'azienda, che credano nel progetto e possano influenzare gli altri dipendenti, è fondamentale. Inoltre, bisogna creare una cultura aziendale incentrata sull'innovazione, comunicando i valori e la visione dell'azienda in modo chiaro e coinvolgente.

In conclusione, il Design Thinking è un modello di pensiero innovativo che permette alle aziende di affrontare problemi complessi in modo creativo e cooperativo. È un approccio che promuove l'innovazione di prodotto e di processo, abbattendo le barriere tra i reparti aziendali e creando un ambiente di lavoro collaborativo. Introdurre il Design Thinking richiede un cambiamento culturale e un coinvolgimento attivo dei dipendenti, ma può portare a risultati significativi e migliorare l'esperienza del cliente.

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Indice dei contenuti

  1. Design Thinking: definizione
  2. Dal focus sui problemi al focus sulle soluzioni
  3. Design thinking e mindset aziendale
  4. Fare Design Thinking
  5. Cosa vuol dire co-creazione di valore
  6. Design thinking: il team dedicato
  7. Come nasce l'innovazione digitale
  8. Perché fare design thinking?
  9. Come il design thinking fa la differenza
  10. Creare valore con il design thinking
  11. Cosa vuol dire fare innovazione
  12. Qual è la differenza tra design e design thinking
  13. Design thinking e Jobs to be Done
  14. Design thinking e Customer Journey
  15. Design thinking e Growth Hacking
  16. Come si fa Design Thinking: la guida pratica
  17. I 7 passi per fare innovazione di prodotto o di processo
  18. Design Thinking: un esempio 
  19. Usare il Design Thinking per migliorare la comunicazione aziendale
  20. Conclusioni

 

Design Thinking: definizione

Design Thinking è un modello di lavoro che nasce all'Università di Stanford intorno all'inizio del millennio che ha lo scopo di risolvere problemi complessi in maniera creativa e cooperativa.

Qui la parola "cooperativa" significa quasi "democratica": ognuno partecipa alle riunioni e potenzialmente è in grado di apportare valore al risultato. Per questo motivo sono necessari dei team inter-funzionali: ogni persona si porta dietro il suo background, la sua esperienza e la sua visione del mondo e vede uno stesso problema da angoli diversi rispetto ad altri. Prima o poi qualcuno trova l'angolo giusto da cui guardare.

Per fare un esempio banale, vogliamo lanciare un nuovo servizio. Se ci penso solo io metto principalmente l'accento su comunicazione e marketing. Se però ci pensa anche il commerciale potrà dare un supporto ai contenuti sui bisogni reali del cliente. Se poi partecipa anche uno sviluppatore salta fuori che il servizio può essere digitalizzato. Se lo guarda anche un designer si scopre che la brochure di vendita può essere organizzata per colori per una lettura più facile. E così via. 

"C'est à dire", prendo persone con competenze diverse, le metto al tavolo e vedo cosa succede. Quando hanno tirato fuori le idee, le prototipiamo, le testiamo e vediamo se reggono. 

Ecco il motivo dei team. Uno stesso problema si trasforma in diverse opportunità per diverse persone.

Effettivamente si tratta di un modo di pensare prima ancora che di un vero e proprio metodo. Mi spiego meglio perché questo concetto è importante e, avendo esperienza diretta dell'introduzione di nuovi modelli in agenzia (come lo Scrum o il Design Thinking stesso), dirlo non è come farlo.

Sul perché introdurlo, beh, vediamolo. Anticipo che è uno strumento che porta in qualche modo a confrontare idee e teste diverse tra loro, obbligando in qualche modo ognuno a dire la sua: l'incontro di pensieri diversi il più delle volte porta al cambiamento e all'innovazione di prodotto e di processo.

Dal focus sui problemi al focus sulle soluzioni

Ovvero, come passare da una mentalità centrata sul problem-solving ad una focalizzata sul problem-finding. Cosa vuol dire. Che il Design Thinking è prima di tutto un mindset che ha lo scopo di portare in azienda innovazione di processo ancor prima che innovazione di prodotto.

Applicare il Design Thinking significa per prima cosa conoscere e studiare quella losca figura, troppo spesso sconosciuta, che sta al di fuori dell'azienda: il suo cliente. Porre l'accento sul cliente significa concentrarsi sui suoi bisogni e iniziare a ragionare dal suo punto di vista.

Questo porta al secondo step, cioè all'analisi di quello che lui fa quando usa i nostri prodotti. Quale obiettivo sta cercando di soddisfare? Se uno si compra un Rolex, vuole veramente conoscere l'ora? Sicuramente sì, con qualche altra aspettativa direi. Capire il contesto, il modo e i mezzi con cui si rapporta ai nostri prodotti (in altre parole, la sua esperienza da cliente) ci dà una grande chance: capire come possiamo rendergli la vita migliore.

Il terzo, inevitabile, step è quindi quello di provare a farlo: migliorare l'esperienza d'acquisto perché il cliente si senta sempre meglio quando entra in contatto con i nostri prodotti.

Ecco, alla fine l'abbiamo fatto. I 3 step appena delineati ci portano alla nostra tesi iniziale: è necessario passare da un pensiero legato alla risoluzione dei problemi (cioè, stare sempre a rincorrerli) ad uno centrato sulla ricerca delle soluzioni (approccio più propositivo e stabile) per rendere il nostro cliente felice e soddisfatto.

Solo dopo aver accettato che il Design Thinking è una scuola di pensiero, si può pensare come una metodologia che fornisce gli strumenti per dare una forma al pensiero e mettere a terra le idee.

Ancora una volta, questo è il Design Thinking.

Design thinking e mindset aziendale

Ammetto che questo paragrafo non era previsto nella stesura originale dell'articolo ma, visto che ne stiamo parlando, mi sembra pertinente.

Allora. Abbiamo un'azienda che non è propriamente una start-up e non si fregia di avere una cultura centrata sull'innovazione. Anzi. Abbiamo l'IT interno che tutto sommato gioca alla conservazione dello status quo, abbiamo i sales che tendono a gestirsi in autonomia indipendentemente dalle direttive aziendali senza peraltro parlarsi con la parte marketing, abbiamo software che si sono stratificati nel tempo e che spingono i processi verso la stasi totale, vorremmo un innovation manager che non sappiamo come integrare nel team o magari l'abbiamo già ma non può fare niente perché predica nel deserto. Suona familiare?

Muoversi da questa situazione è lungo, faticoso e costoso. La buona notizia è che però si può fare. Anzi, se me lo state chiedendo, si deve fare perché la paralisi non porta a nulla di buono. Il mondo va avanti, che la tua azienda si evolva o meno: qui si tratta di capire se siamo pronti alla competizione o no, se siamo abbastanza flessibili da gestire gli eventuali cambi di direzione che oggi il mercato richiede.

Come forzare il cambiamento? Intanto farlo non è mai facile, bisogna avere una forte propensione ad accettare l'ignoto o una forte motivazione a farlo. In azienda non è sicuramente una cosa che si introduce da un momento con l'altro ma deve essere preparato. Per esperienza, l'imposizione in senso stretto non è una buona scelta perché dura poco, le persone ci devono credere. Meglio convincere che obbligare.

Nella nostra esperienza è bene quindi accettare che si tratta di un percorso, stabilire delle basi condivise della nuova cultura aziendale e affiancare le persone nel cambiamento. Trova degli sponsor, dei leader, qualcuno in azienda (una specie di influencer) che abbia grip sulle persone e che creda nel progetto: beh se me lo dice lui... il concetto è un po' questo. Non sottovalutare il potere dei valori aziendali, di mission e vision, della comunicazione interna e del training o coaching. Dimostrare che le cose girano meglio dopo che sono cambiate è un ottimo biglietto da visita.

L'obiettivo è plasmare le vecchie abitudini in nuovi comportamenti portando le persone a comprenderne i motivi e la necessità.

Questo è un argomento che abbiamo affrontato più volte per cui quello che ci limitiamo a dire oggi è che bisogna partire senza alcun preconcetto: non c'è cosa peggiore che affrontare una ricerca di informazioni convinti di sapere già cosa vogliamo trovare. L'obiettivo qui non deve essere quello di confermare le proprie ipotesi ma quello di svolgere una sana ricerca con l'apertura mentale che può avere un bambino che vede una cosa per la prima volta. In questo ci può aiutare la teoria dei Jobs to be Done.

In questo modo evitiamo quello che in psicologia si chiamano le "profezie che si auto-avverano": verità di cui siamo talmente convinti che guidano in qualche modo il nostro comportamento e ci portano a trovare ed interpretare i dati in modo che le nostre aspettative siano soddisfatte.

Bene. Ora che abbiamo tutti l'atteggiamento giusto, parliamo degli strumenti. In quanto designer, il nostro obiettivo è quello di saltare fuori dalla nostra scatola da cui guardiamo il mondo (outside the box) e osservare tutto da un altro punto vista, da un angolazione neutra, quasi al suo stato naturale. Via i preconcetti e quello che crediamo di sapere su clienti e business. Osserva e ascolta.

Mentre ascolti e osservi, ecco quello che deve succedere:

  • Cerca dove si può creare un impatto significativo. Inizia a cercare pattern di comportamento tra diversi clienti: cerca commenti, azioni, eventi degni di nota e che vengono eventualmente replicati più volte da più utenti. Se devi convincere qualcuno prendi direttamente le citazioni dei tuoi clienti e usale nella presentazione: tutti amiamo le storie e sono molto più potenti dei soli numeri.
  • Strumenti che diventano vecchi e nuovi strumenti che vengono adottati. Man mano che l'osservazione procede (e che non si deve mai fermare) è possibile che ci si renda conto che alcuni strumenti attualmente in uso in azienda non siano centrati sull'obiettivo. Attenzione, è possibile ma non certo: diciamo che si avrà la conferma (o meno) dell'utilità degli strumenti in uso e l'eventuale integrazione di nuovi tool.
  • Non solo osservazione. Ovviamente è giusto partire osservando ma è altrettanto giusto evolvere verso gli altri step del Design Thinking che sono l'ideazione, la prototipazione e la fase di test. Per ognuna di queste fasi esistono strumenti dedicati che aiutano la scoperta di nuove funzionalità e la generazione di nuove idee.
  • Nuova visione del mondo. Va bene, non voglio esagerare, ma la verità è che adottare nuove modalità di gestire il lavoro quotidiano aiuta la crescita e apre la mente. Nuove idee chiamano altre nuove idee e queste aprono ad una nuova visione del mondo che ci è sempre sembrato statico e arido. E ora lo è ogni giorno di meno.

Fare Design Thinking

Purtroppo non basta dire "da domani facciamo Design Thinking" o "organizziamo il lavoro con una metodologia agile" perché nei fatti si tratta di pensare, ancora prima di fare, in quel modo. Cosa vuol dire. Quando parliamo di un cambiamento radicale di abitudini soprattutto in un ambito come quello professionale dove tutti siamo permalosi e convinti di fare sempre al meglio, la motivazione e il risultato che vogliamo ottenere sono elementi fondamentali: la prima va creata, il secondo va comunicato e fatto comprendere.

Come in tutte le cose che riguardano un gruppo di persone, tutti devono essere a bordo e capire perché si sta facendo in questo nuovo modo. Prima non andava bene? Quindi tutto quello che ho fatto fino ad ora è da buttare? Che perdita di tempo, mi devo anche mettere al tavolo a guardare uno che scrive sulla lavagna le idee di tutti? Devo veramente andare in riunione con quello lì che non sopporto?

Esempi, non troppo lontani dalla realtà. Dicevamo? Permalosi.

Ecco perché si tratta di un mindset: perché noi possiamo avere la visione, ma in qualche modo dobbiamo portare a bordo persone (anche bravissime persone e grandi lavoratori) che però hanno una visibilità sull'azienda limitata ognuno al proprio ruolo, come è giusto che sia. E che sono abituate a fare in un certo modo da tanti anni, che è sempre andato bene. E adesso cambia tutto? Non scherziamo.

Ecco, il punto è proprio questo. Non è dato che tutti si allineino al volo alle nuove direttive, non per cattiveria o perché necessariamente remano contro ma spesso il motivo è che non ne capiscono le ragioni. Ecco perché è necessario allineare tutti in via preventiva (spesso basta aprire un canale di comunicazione). Ecco perché prima è un "mindset" e dopo, ma solo dopo, il Design Thinking può essere considerato un metodo e un processo per innovare l'azienda.

Quindi, ancora, cos'è il Design Thinking? Fino ad ora abbiamo detto che è un mindset. Che è sia un metodo che un processo che crea innovazione di prodotto. Che è democratico. Che serve a risolvere problemi con soluzioni creative. Quello che non abbiamo ancora detto è che ribalta il concetto aziendale di business e ne rovescia il paradigma: al centro non c'è più l'azienda e il prodotto ma ci sono le persone, i clienti, con i loro problemi e necessità. E sono proprio queste che guidano le decisioni aziendali. Stiamo parlando di una sorta di Business by Design, dove l'azienda è mossa da fattori esterni e non più necessità interne.

Beh questo cambia parecchio la visione. Anche perché questo porre al centro la persona, sposta l'accento dal prodotto in sé al beneficio che apporta per il suo utilizzatore, cioè sull'esperienza cliente che il brand offre lungo tutto il Customer Journey (scopri cos'è una customer journey map e quali sono gli elementi del customer journey che contiene). 

Ecco cos'è il Design Thinking, al di là delle definizioni accademiche: un modello di pensiero che ha come obiettivo l'apertura mentale, che obbliga a cambiare prospettiva sui modelli di business classici. Potenzialmente, è esso stesso uno strumento di business che obbliga a governare in maniera trasversale diversi aspetti di prodotto o servizio.

Cosa vuol dire co-creazione di valore

Ci siamo detti più volte che il Design Thinking è un processo condiviso di creazione del valore dove le parole chiave più o meno esplicitate sono:

  1. processo, perché stiamo parlando di un percorso con tappe ben definite e step che devono essere chiusi di passare a quelli successivi
  2. condivisione, perché parliamo di una attraversata che non si può fare in solitaria ma deve essere frutto di diverse teste e differenti punti di vista ed esperienze
  3. valore, perché per generare valore significa mettere il cliente al centro di tutto

Iniziamo da qui. Cosa vuol dire generare valore attraverso il Design Thinking? Il concetto di valore non è semplice da esprimere o definire e quando parliamo di "valore" sembra sempre che siamo in un mondo astratto.

In realtà non è così. Il Design Thinking ha veramente poco di astratto e ogni volta che parliamo di valore legato al Design Thinking stiamo parlando di mettersi a fare qualcosa. Ecco perché lo definiamo un processo. Un processo creativo, ma pur sempre un processo che segue un percorso definito e sottosta a regole precise.

Il fatto che sia un processo è precondizione affinché il tutto sia reso:

  1. ripetibile diverse volte
  2. scalabile su altri progetti
  3. controllabile in fase di misurazione.

Design thinking: il team dedicato

Se devo scegliere un punto di partenza direi che è la fase di preparazione. Non si va in battaglia senza una strategia, senza essere preparati a tutto. Qui non è molto diverso: il successo è una questione di preparazione. Per diversi motivi:

  • Preparare le giuste premesse per lo sviluppo del processo di Design Thinking attraverso un'attenta fase di osservazione (come abbiamo appena visto)
  • Preparare gli strumenti giusti per la giusta fase del processo
  • Preparare il team per quello che lo aspetta e saperlo guidare nelle diverse fasi mantenendo una partecipazione attiva

Preparazione non vuol dire solo pianificazione: il processo di Design Thinking è un processo circolare e non lineare. Vuol dire che non si ferma mai e non tutto può essere pianificato o tenuto sotto controllo. Il team lavora in spazi dedicati, con strumenti dedicati spesso nuovi come abbiamo visto: quello che serve è una attenta preparazione di ogni dettaglio in modo che non si lasci nulla al caso e il team possa dedicarsi al processo ideativo senza intoppi.

Due parole veloci sul team: le persone sono la chiave per il successo. Semplice e conciso, mi faccio un applauso da solo. Babe Ruth (se non il migliore, uno dei migliori giocatori di baseball di tutti i tempi) diceva che il successo di un team è dato non tanto dalle individualità particolarmente dotate ma dalla loro capacità di esprimere un gioco di squadra. Il team vince perché è affiatato, perché ognuno si sacrifica per la squadra, perché ognuno rinuncia alla gloria personale per il bene di tutti: questo vale in qualsiasi team. Quello che stai cercando dal tuo team è impegno e affidabilità (commitment) e questo si ottiene principalmente con una partecipazione su base volontaria: obbligare le persone a partecipare significa portarli a pensare in modalità standard e vedere il business dal solito punto di vista. Apportando zero contributo innovativo.

Come nasce l'innovazione digitale

Steve Jobs diceva che il design non riguarda tanto l'estetica del prodotto, come il prodotto ci appare, ma piuttosto il design è relativo a "come funziona". Cito: design is how it works. 

Se lo diceva lui, lo prendiamo per buono. Quindi, vuol dire che dietro il successo dei prodotti Apple non c'è solo un grande studio di estetica (che comunque c'è) ma anche e soprattutto un grande studio sul loro funzionamento. Non è un caso se Apple ha rivoluzionato il modo di ascoltare musica, di usare il cellulare o è stata tra le prime a creare in tutti noi il bisogno di avere un tablet in mano (dovrei dire appoggiato in bagno).

Il punto è che il tablet lo volevamo già tutti, solo che non lo sapevamo ancora. Quello che intendo è che se si studiano attentamente le proprie buyer personas si può arrivare ad anticipare bisogni e necessità. Ovviamente sto semplificando in 2 righe anni di lavoro di Apple per cui, non è questo il punto che deve passare ma piuttosto il fatto che è dall'analisi che nasce l'innovazione, dallo studio e dall'interpretazione che nascono le idee.

Piccola digressione. Tante delle aziende che guidano il processo innovativo, e sono considerate tra le più importanti al mondo, non hanno più di vent'anni di vita. Come succede una cosa del genere? Sono semplicemente più bravi e belli di altri?

Perché fare design thinking?

Il Design Thinking è prima un processo che una metodologia. Compreso questo, in realtà è anche uno dei metodi che le aziende usano per:

  1. Permette di sviluppare prodotti e servizi nuovi desiderati dal mercato. Mettendo i nostri clienti e utenti al centro assicuriamo di comprendere i loro bisogni e di creare una soluzione che soddisfa le aspettative della nostra audience.
  2. Crea una cultura di innovazione e collaborazione. Il processo favorisce la collaborazione tra i vari attori e la creatività. Si sviluppano nuovi modi di lavorare che incidono positivamente sulla cultura aziendale.
  3. Riduce rischi e costi. Sperimentando ed iterando velocemente nuove soluzioni si riduce il rischio di investire risorse in progetti che non hanno potenziale sul mercato. Adottando questo processo molte aziende hanno visto un miglioramento della produttività e una riduzione del time-to-market.

Come il design thinking fa la differenza

Per rispondere a tutte le domande che ci siamo appena posti, la parola che stiamo cercando è "design". E questo mi porta al concetto che voglio affrontare oggi: il design non è solo una questione estetica. Design è molto, molto di più.

Il design non è quindi qualcosa che si fa (solo) con carta e matita. Disegnare uno smartphone come l'i-phone non si tratta solo di immaginare un piccolo parallelepido con uno schermo grande senza la tastiera. Design è anche questo. Ma non è l'unico motivo per cui verrà ricordato: ha rivoluzionato il modo di personalizzare il proprio cellulare, ha inventato le app che oggi ci sembrano una cosa normale ma fino a pochi anni fa nessuno ne sentiva la mancanza, ha consentito l'accesso ad un mondo iperconnesso, dà la possibilità a chi lo usa di accedere ai sistemi Apple (cloud compreso) con un unico account. Questo e tanto altro di più.

Tutto questo è design. Perché design è qualcosa che può essere applicato non solo a prodotti ma anche a sistemi, processi, protocolli e customer experiences.

Il mondo ormai non sta neanche più cambiando: è già cambiato. Innovazione è una parola che può fare la differenza tra la sopravvivenza e la fine di una start-up: l'innovazione non si fa da sola però. Anche attraverso i Jobs to Be Done, abbiamo più volte visto che fare design è una questione che ruota intorno al cliente e non all'azienda. Stiamo parlando di una rivoluzione mentale prima ancora che di processo reale per poter veramente portare all'innovazione di prodotto e di processo. Stiamo parlando di cambiare tre concezioni che ci hanno accompagnato negli ultimi decenni:

    1. dall'ingegnerizzazione dei prodotti alla progettazione design-driven: questa è una questione di mindset ed è relativo a come si progetta un prodotto nel 2020. Attenzione alle esigenze del cliente, al suo customer journey, all'esperienza che il prodotto può regalare.
    2. dall'innovazione centrata sul prodotto ad una centrata sul cliente: se sono le esigenze del cliente a guidare il processo di innovazione si capisce meglio il motivo per cui "design" non è un concetto che si applica solo al prodotto. Ovviamente questo implica una conoscenza profonda dei propri clienti e un costante processo di osservazione dei loro comportamenti e abitudini.
    3. dal focus sul marketing al focus sull'esperienza cliente: l'esperienza cliente che gli ruota intorno è ogni giorno più importante per noi consumatori ed è di fatto un fattore di scelta. C'est à dire, scelgo un prodotto meno performante che mi dà certezze su servizi accessori (come il sopracitato cloud di Apple) o mi garantisce un supporto cliente senza eguali.

Creare valore con il design thinking 

Come detto, il concetto di valore è abbastanza indefinito. I manuali di marketing sono costellati della parola "valore" e non sempre è facile capire come crearlo veramente.

Fortunatamente, capire come creare valore per il cliente, in realtà, non è difficile (il difficile è crearlo veramente). Il design thinking  ribalta il concetto di business di molte aziende spostando la loro attenzione dal business stesso alle esigenze del cliente. Una visione cliente-centrica del business che porta a porre attenzione alle persone prima che alla tecnologia o al business stesso.

Ribaltando questo concetto, si arriva alla distinzione:

  1. Da una visione azienda-centrica dove il business è l'obiettivo, la tecnologia è il driver e le persone sono un mezzo (per fare fatturato)
  2. Ad una visione cliente-centrica dove le persone sono l'obiettivo, la tecnologia è un mezzo e il business è una conseguenza

Studiare. La parola chiave in questa fase è proprio questa. Analizzare i clienti, chi sono, come si comportano che bisogni hanno e che obiettivi perseguono. Noi utilizziamo un processo che chiamiamo Discovery, un percorso basato sul design thinking per approfondire buyer personas, competitor e proposizione di valore e migliorare l'esperienza cliente.

L'obiettivo è disegnare una customer journey map, per mettere in relazione il cliente con il nostro ecosistema di comunicazione e capire come e dove possiamo migliorare la sua brand experience. Aggiungere valore in quest'ottica è sinonimo di migliorare l'esperienza del cliente.

Cosa vuol dire fare innovazione 

Il concetto di innovazione è come il concetto di valore, termine abbastanza astratto e piuttosto abusato. Per capire meglio parliamo di sustaining innovation e disruptive innovation.

Generalmente sono le aziende che operano da tempo in settori maturi che preferiscono investire nelle innovazioni "sustaining", meno rischiose e più redditizie, focalizzandosi su segmenti mass market e ignorando quelle piccole nicchie di mercato tanto amate dai disrupters. Il risultato? Quando i consumatori cominciano a scegliere il prodotto o servizio che rompre gli schemi rispetto a quello tradizionale, solitamente per i leader di settore è ormai già troppo tardi. Le strade a questo punto sono due: acquisire l’impresa distrupter o fallire. 

Solitamente i disruptor sono start-up, che hanno una mortalità abbastanza elevata ma quando riescono ad imporsi, cambiano le regole del gioco.

Un esempio classico e stra-citato nella letteratura del Design Thinking è dato da Netflix e Blockbuster (soprattutto perché in Netflix deve gran parte del suo successo a questa metodologia), dove il primo ha portato l'innovazione dirompente e il secondo, che si è adagiato sugli allori del loro essere leader indiscusso, è andato fallito.

Per fare innovazione non è necessario partire in grande stile: alzi la mano chi non ha mai visto in azienda un progetto iniziato con entusiasmo, accantonato per qualche giorno, abbandonato in via definitiva e poi dimenticato.

Non vedo mani alzate, deduco che sia una casistica abbastanza frequente. Ok non lo deduco, lo so. Questo è quello che tipicamente viene descritto dalle metodologie agile, come lo SCRUM, come il modello a cascata (waterfall) in cui dall'alto viene imposto un progetto, i cui obiettivi e finalità non sono spiegate, che la maggior parte delle persone considera inutile perché non al corrente degli obiettivi aziendali. La comunicazione interna è fondamentale per ottenere il coinvolgimento delle persone e queste sono fondamentali per il successo di ogni progetto.

Partire in piccolo, quindi, non significa fare le cose in piccolo ma semplicemente avere un piccolo team che cerca l'innovazione attraverso piccoli ma fondamentali gesti (come ad esempio le interviste ai clienti tanto necessarie nei Jobs to be Done). Il team snello ma motivato significa dover gestire un numero di interazioni minori e quindi avere maggior capacità di controllo. Le parole chiave in questa frase sono tante, una su tutte è "motivato": la giusta motivazione è la chiave del successo e la motivazione si ottiene con l'apertura ai valori aziendali, agli obiettivi di business e alla responsabilizzazione di ogni membro. In poche parole il Design Thinking non è una metodologia centrata sul risultato ma sul processo di co-creazione del valore: è il viaggio non la meta.

Qual è la differenza tra design e design thinking

Per farla breve, direi che il design è una parte del design thinking. In quest'ottica il design thinking è una metodologia (e un mindset) che utilizza anche il design come mezzo per creare soluzioni innovative digitali (o no).

Abbracciare il Design Thinking significa abbandonare un processo lineare in cui aspetto che mi venga un'idea e poi (ammesso che mi venga sul serio) la metto in bella, in favore di un processo circolare che includa sia una parte analitica che una parte creativa.

Per "circolare" si intende un processo la cui fine coincide con un nuovo inizio: dopo le fasi di co-creazione, prototipazione e di testing si torna alle fasi precedenti per rimodularle in base agli esiti dei test. E così via in un continuo processo di miglioramento dell'esperienza.

Qual è la differenza tra design e design thinking? Sembra una domanda banale, in realtà non lo è. Il design è storicamente il modo attraverso cui le aziende attribuiscono valore al prodotto e, eventualmente, portano innovazione digitale (e non): questo porta all'effetto wow che rende quei particolari prodotti di grande appeal.

In realtà il design sta cambiando ed evolvendo e con esso il modo in cui le aziende vedono e interpretano il proprio business: il design non si applica più solo al prodotto ma si estende su tutta l'esperienza di acquisto. In quest'ottica il design è applicabile in qualsiasi punto del customer journey andando ad impattare su processi, sistemi, touchpoint e servizi correlati. Cioè, stiamo parlando dell'intera esperienza che un cliente vive quando entra in contatto con il nostro prodotto/servizio.

Quindi, iniziamo a dire che esiste qualcosa di più ampio del design (inteso nella sua definizione classica) che si può applicare in diverse fasi del processo di acquisto e abbraccia un modo diverso di affrontare i problemi. Un prodotto o servizio, oggi, quindi per essere veramente innovativo deve essere:

  1. guidato dal design, non più dall'ingegnerizzazione delle sue singole funzionalità
  2. centrato sul cliente, non più sull'azienda o il suo business
  3. uno dei punti di un'esperienza più ampia, non più centrato solo sulle sue caratteristiche

Design thinking e Jobs to be Done

La teoria dei Jobs to be Done, argomento strettamente correlato al Design Thinking, nasce nei primi anni duemila come evoluzione di alcuni movimenti degli anni '80 (come il quality Management e la sua Voice of Customer) che cercavano di ridefinire il concetto di qualità percepita di un prodotto da parte dei suoi consumatori.

Cosa sono i Jobs to be Done

Questo movimento, precursore in realtà dei fondamentali del Lean Marketing e del Design Thinking stesso, puntava alla riduzione degli eccessi produttivi non giustificati da effettive richieste nate dall'ascolto dei consumatori. Questo ovviamente andava ad impattare principalmente sul design dei prodotti e sul modo in cui venivano svolte le ricerche di mercato per l'ascolto dei clienti.

Il cambio di prospettiva sul prodotto (non più quindi un tema di prodotto ma di esigenze del cliente, quindi da prodotto-centrica a cliente-centrica) definisce un nuovo paradigma: ridefinire il concetto di "valore" per il cliente e quindi a iniziare a pensare non più a ciò che il prodotto "è" ma a ciò che il prodotto "fa" per il cliente.

L'evoluzione di questo paradigma è ovviamente quella sottile linea rossa che definisce il modello non solo dei Jobs to be Done ma di tutte le nuove meotodologie nate poco prima o poco dopo (lean marketing, design thinking, growth hacking e quan'taltro): si abbandona il concetto di sviluppo di un prodotto per come lo vede l'azienda ma ci si concentra su quello che è importante per il consumatore. L'intera esperienza di acquisto (definita proprio dal customer journey).

Upgrade your user, not your product. Don't build better cameras, build better photographers - Kathy Sierra

Quindi il consumatore è al centro di tutto, bene. Ma come facciamo a capire cosa ha in testa? Cosa pensa del nostro prodotto? Come lo usa? La risposta è più semplice del previsto. Glielo chiediamo.

Come definiamo i Jobs to be Done

I JTBD sono quel processo attraverso cui ogni consumatore si avventura quando vuole in qualche modo migliorare la sua condizione attuale in relazione ad un suo obiettivo che non sempre è esplicito. Così se compro un Rolex è perché assolve ad un job "sociale", non certo per leggere le ore.

Credo che si possa comprendere bene dall'immagine qui sotto come ognuno di noi cerchi qualcosa di più della somma delle parti di ogni singolo prodotto (io l'ho trovata sul libro di Alan Klement "when coffee and kale compete" ma credo sia imputabile a Intercom). E attenzione: il nostro skater qui sotto non vuole uno skateboard fatto e finito ma vuole divertirsi e fare tutti gli ollie flip di questo mondo. Non è il prodotto ma quello che ci consente di fare. 

Jobs to be Done e design thinking

La teoria dei Jobs to be Done prevede che la scelta di quel particolare prodotto derivi direttamente dalla percezione che ogni consumatore ha del "job" (dell'obiettivo) che quel prodotto è in grado di rendere "done". Proprio per questo motivo, i Jobs to be Done (JTBD per gli amici intimi) hanno determinato quello che per questa teoria è diventato un vero paradigma: c'è sempre un gap tra le intenzioni del produttore e l'effettivo motivo per cui i consumatori utilizzano quel prodotto.

E questo impatta direttamente sul concetto, ridefinito, di competizione sul mercato: nel momento in cui un prodotto viene acquistato perché svolge un determinato job per i consumatori, devono essere prese in considerazione come competitor tutte quelle soluzioni, anche fuori dal contesto, a costo zero che però assolvono alla stessa funzione. 

In una famosa Case History si racconta del leggendario lancio del frigo portatile chotuKool, un frigo a bassissimo costo rivolto ai salari più bassi del mercato in India. Proprio perché rivolto ad un pubblico potenziale di centinaia di milioni di persone, fu considerato il prodotto del secolo prima del lancio ma fu un flop totale. Perché?

La faccio breve. Dalle interviste ai potenziali fruitori di questo frigo venne alla luce che tutto sommato si poteva vivere senza perché c'erano dei modi collaudati da decenni per conservare il cibo a costo zero (come ad esempio cuocerlo prima o fare la spesa ogni giorno) per le quali il costo del frigo non era giustificato. In questo caso quindi il fornello diventa concorrente del frigo. Strano ma vero.

Il comportamento umano è quindi complesso e non può certo essere spiegato solo attraverso le sue caratteristche socio-demografiche ma c'è qualcosa in più. Ma cosa? I Jobs to be Done aiutano ad identificare anche le 4 forze che portano al progresso: le forze che spingono verso il cambiamento (push e pull) e quelle che tendono alla stasi (ansia e inerzia). Come si comprendono queste forze? La risposta è sempre quella. Intervistiamo i nostri clienti.

Design thinking e Customer Journey

Il Buyer's Journey o Customer Journey, fino ad una ventina di anni fa, identificava unicamente un processo di acquisto: un insieme di azioni che portavano un determinato cliente a comprare un determinato prodotto. Facile.

Oggi, le cose sono un po' più complesse: considerare il "processo" unicamente legato all'atto dell'acquisto è troppo riduttivo e lontano dalla realtà. Il buyer's journey è un sistema aggregato di diversi momenti che definiscono l'intera esperienza di marca (o Brand Experience): un percorso più ampio che parte dalla ricerca di informazioni e arriva fino al post-vendita, in cui il cliente è il protagonista. 

La verità è che il Customer Journey, strictu sensu, non è cambiato: è la nostra attenzione che si è spostata su altro. Grazie alla spinta digitale, noi markettari oggi abbiamo la possibilità di concentrarci sull'intera esperienza del cliente, o customer experience, durante tutto il funnel di marketing, vendita e post-vendita.

Quindi per chiarezza di esposizione:

  1. Il Buyer's Journey è l'intero percorso legato ad un concetto di acquisto molto allargato che comprende anche le fasi pre e post acquisto. 
  2. Customer Journey: altro nome, stessa cosa. Forse possiamo direi che "customer" rispetto a "buyer" fa un po' più B2C ma nel senso comune sono sinonimi.
  3. La Brand Experience è l'esperienza che la Marca regala una volta definito un Customer Journey
  4. La Customer Experience è la Brand Experience vista dal cliente. Cambia il punto di vista, non la sostanza.

Perché stiamo parlando di tutto tranne che delle Customer Journey Map? La premessa mi sembrava doverosa per definire il contesto. 

Il Buyer's Journey quindi è un'entità abbastanza complessa, definita non solo da azioni, ma anche da emozioni, persone, desideri, aspettative: per poterla osservare, studiare e controllare è necessario schematizzarla. Un mappa sarebbe perfetta.

Eccoci qui, quindi. La Customer Journey Map è un disegno del Buyer's Journey su carta, una semplificazione della realtà che in qualche modo indichi gli step dell'intero percorso nel tempo e li descriva con tutte le informazioni che ci interessa sapere.

Quindi, la risposta alla domanda sulla differenza tra Buyer's Journey e Customer Journey Map è semplice. La seconda è la rappresentazione grafica del primo.

Customer Journey Map

La Customer Journey Map ha un grande obiettivo: capire quali problemi ci sono nell'esperienza del cliente per poter intervenire con potenziali soluzioni. In realtà la mappa serve anche a razionalizzare un comportamento complesso come l'acquisto (in senso lato) di un prodotto per poterlo osservare meglio: come tante scene di un unico film, la mappa definisce diversi momenti siano essi di una reale o di una potenziale esperienza di acquisto.

La Customer Journey Map ha diversi livelli di profondità, ognuno dei quali ha un diverso scopo: una stessa esperienza può essere vista spacchettando nel dettaglio un singolo step oppure nel lungo periodo attraverso una visione più ampia. Ovviamente il primo livello indica un focus su un'attività micro e serve più che altro per identificare dettagli e problemi, il secondo livello serve ad avere un'idea generale di quello che il consumatore deve affrontare durante l'intero processo end to end.

Esattamente come quando dobbiamo fare un coast to coast in macchina, ci serve sia una mappa dell'intero paese per capire in quale direzione muoverci e quali città dobbiamo attraversare. Capire la direzione, insomma. Se vogliamo visitare una città in particolare, abbiamo bisogno del dettaglio di strade e piazze per trovare la strada giusta verso l'albergo. Per trovare la destinazione.

Faccio un esempio pratico che facciamo prima. Voglio acquistare casa e fare un mutuo di 30 anni. La Customer Journey Map può descrivere le macro fasi che mi accompagneranno nel corso di tutti i 30 anni oppure può essere relativa ad una sola di queste fasi o, ancora, spiegare una delle loro sotto-fasi. Così, nel nostro esempio:

  1. Fasi dell'intero processo (30 anni): scelta della casa, proposta di acquisto, scelta della banca, l'assegno circolare per il rogito, rogito, pago le rate, ricontratto le condizioni, chiudo il mutuo
  2. Una sola fase, ad esempio la scelta della banca (non so, 2 mesi): ricerca on-line, una serie di incontri con i banker, la visita in filiale, capire che garanzie chiedono, aprire un conto, check sugli estratti conto mensili etc.
  3. Una sotto-fase, ad esempio il colloquio con un funzionario di banca (circa 30 minuti): sala d'attesa, caffè e acqua, scaletta dell'incontro, spiegazione delle condizioni, contrattualizzazione, firma, diritto di recesso etc.

Il punto è che la Customer Journey Map dà la possibilità di prendere il Buyer's Journey e guardarlo nella sua interezza o in alcune sue parti, dove serve, a seconda degli obiettivi che ho.

Diverse tipologie di Customer Journey Map

Come detto, le Customer Journey Map non sono sempre uguali né devono esserlo. Business diversi richiedono diversi approfondimenti, per cui è giusto che la mappa del mutuo di 30 anni sia diversa dalla mappa del processo di acquisto di una macchina.

Tuttavia le differenze tra diverse Customer Journey Map non sono solo dipendenti dal tipo di prodotto che viene acquistato, ma anche dall'obiettivo per cui le stiamo disegnando. Per cui avremo:

  1. Assumption-based vs Research-based. La mappa rappresenta una nostra ipotesi o è fondata su basi più scientifiche, sui risultati di una ricerca effettuata sul campo?
  2. Current State vs Future State. La mappa rappresenta lo stato dei fatti o l'esperienza ideale che vorremmo che il nostro cliente sperimentasse in un mondo perfetto?
  3. Scope vs Scale. Per avere coerenza nei risultati è necessario limitare in un lasso di tempo definito l'esperienza (stabilire un inizio e una fine ben precisi) e un livello di "zoom" dell'esperienza (stiamo parlando della macro esperienza di 30 anni di mutuo o dell'esperienza relativa alla mezz'ora di colloquio con il banker che ce lo propone)?
  4. Product-centered vs Experience-centered. La mappa "experience-centered" è quella che abbiamo descritto finora. Vogliamo capire come una buyer persona si rapporta solo al nostro prodotto/servizio? in questo caso analizziamo le interazioni tra cliente e prodotto, tralasciando altre informazioni, e avremo una mappa centrata sul prodotto.

Disegnare e leggere una Customer Journey Map

Un'altra grande differenza tra il Customer Journey e la Customer Journey Map è che il primo indica l'esperienza che ognuno di noi affronta quando deve acquistare qualcosa. La seconda invece, in quanto razionalizzazione e quindi semplificazione della realtà, disegna un'esperienza "media", generalizzata su un cluster di consumatori.

Se fosse una proporzione sarebbe una cosa del tipo: io sto alla buyer persona come il customer journey sta alla customer journey map.

Disegnare e, di conseguenza, saper leggere una Customer Journey Map significa quindi in prima istanza conoscere esattamente come si comportano le nostre Buyer Personas e quello che fanno prima, durante e dopo l'acquisto.

Sembra una banalità ma "conoscere" in questo caso non significa "ipotizzare". Significa proprio "sapere". E come si fa a sapere cosa pensano, come si comportano, che emozioni provano, quali mezzi usano le nostre Buyer Personas?

La risposta è più semplice di quanto si possa immaginare: glielo chiediamo.

Attenzione: ogni Buyer Persona può avere un Journey diverso dalle altre per cui, sì, è necessaria una mappa per ogni Buyer Persona. Qui si apre un capitolo, che prima o poi affronteremo anche nel blog, che è tangente al Design Thinking ed è quello dei Jobs to Be Done, una teoria molto interessante che spiega il comportamento di acquisto attraverso una unica e semplice motivazione che muove ognuno di noi in quanto consumatori: il costante desiderio di migliorare la nostra situazione attuale.

Ma qui apriamo un capitolo molto ampio e non è questa l'occasione. Quello che mi preme dire adesso è che i Jobs To Be Done (per gli amici JTBD) in qualche modo costringono ad intervistare i clienti e danno un framework per capirne le loro motivazioni: ecco perché vanno così d'accordo con le Customer Journey Map.

Solo intervistando i clienti è possibile leggerli e in qualche modo trovare dei tratti comuni che portino a disegnare dei percorsi (le mappe appunto) generalizzabili a più persone. Una volta che abbiamo intervistato i clienti e abbiamo raccolto i dati è possibile organizzare questi dati e scriverli nella mappa.

Una volta che la mappa è pronta (ci vuole un po', il lavoro è più lungo di quanto si possa pensare) è possibile leggerla con diversi obiettivi. Almeno:

  1. Dove l'esperienza ha delle cadute di stile?
  2. Dove ci sono possibili punti di miglioramento? 
  3. Quali sono i touchpoint che non presidiamo?
  4. Quali sono le fasi del journey che non copriamo con i nostri servizi (ad esempio customer care).

Come detto, il lavoro è lungo e complesso ma in molti casi ci ha dato grandi soddisfazioni. E tu, come sei messo?

Quali informazioni contiene una Customer Journey Map

Diciamo la verità, le mappe del Customer Journey esistevano anche prima dell'avvento imponente del Design Thinking. Quest'ultimo però ha l'indubbio merito di averle riportate in vita e averne riscoperto l'importanza, soprattutto in un mondo, digitale e non, complesso come quello in cui viviamo oggi.  

Diciamo che ogni cliente potenzialmente potrebbe avere la sua Customer Journey Map, nel senso che non esistono informazioni rilevanti o non rilevanti in assoluto. Si tratta più di una traccia che di un insieme di regole scolpite nella roccia. Detto questo e stabilita una possibile variabilità di fondo, le informazioni che si trovano nelle diverse mappe sono più o meno sempre le stesse.

La Customer Journey Map si presenta come una tabella dove:

  1. in colonna troviamo le fasi del Customer Journey, magari divise secondo le fasi dell'esperienza che vogliamo analizzare. Ad esempio nella fase "Awareness" del nostro funnel di marketing avremo le fasi di "scoperta del problema", "ricerca delle informazioni", "discussione con la famiglia", etc.
  2. in riga invece troviamo il dettaglio degli aspetti che vogliamo analizzare per ognuna delle fasi in colonna.

Così ad esempio nel nostro modello di Customer Journey Map, in riga, avremo una parte di front-end e una parte di back-end. Nella prima troviamo tutte le attività che riguardano direttamente la nostra buyer persona:

  1. Customer activities: sono le azioni che la buyer persona compie in quella fase. Così ad esempio parlare con altre persone, guardare il sito, cercare supporto.
  2. Customer goals: sono gli obiettivi che la buyer persona ha in quella fase, il motivo per cui si comporta nel modo descritto nelle customer activities qui sopra. Così parla con altre persone e guarda il sito per poter prendere informazioni o cerca di risolvere il suo problema chiedendo aiuto.
  3. Touchpoints: sono tutti i canali di comunicazione (presidiati e non) che la buyer persona utilizza in quella fase. Il passaparola, il sito, la chat online.
  4. Experience: questa è una rappresentazione grafica che indica il livello di soddisfazione della buyer persona in quella determinata fase.

Nella parte di back-end invece troviamo tutto ciò che riguarda l'azienda e i suoi reparti per cui:

  1. Business goals: sono gli obiettivi aziendali definiti in base agli obiettivi e al comportamento della buyer personas in ogni particolare fase.
  2. KPI's: sono gli indicatori attraverso i quali può essere valutata ogni fase e l'avvenuto raggiungimento degli obiettivi qui sopra.
  3. Organizational activities: indica tutte le attività che l'azienda deve mettere in campo per raggiungere i business goals.
  4. Owner: indica chi all'interno dell'azienda è responsabile di prendere in carico o di portare a termine le attività appena descritte.
  5. Stakeholders: indica tutti quelli che, all'interno o all'esterno dell'azienda, sono coinvolti nelle organizational activities. Reparti, dipendenti, fornitori, influencer, chiunque possa prenderne parte.
  6. Backstage processes: i processi possono essere descritti nella Customer Journey Map o se particolarmente complessi potrebbero richiedere una Service Blueprint, un documento che nasce apposta per descrivere processi interni. Sono spesso rappresentati sotto forma di flow-chart e spiegano quali processi collegano i diversi stakeholder nelle diverse attività.
  7. Technology: indica quale tecnologia viene usata per ogni fase. Ad esempio CRM, piattaforme di email marketing, intelligenza artificiale, programmatic advertising etc.

I Dramatic Arcs

I Dramatic Arcs (la cui traduzione è orrenda per cui teniamo buono il nome originale in inglese) sono uno strumento mutuato dallo show business che serve per indicare gli alti e bassi del livello di engagement all'interno, ad esempio, di un film.

In una Customer Journey Map, i Dramatic Arcs ci aiutano a capire dove ci sono dei picchi nell'emotività della buyer persona. Attraverso i picchi (alti o bassi) del coinvolgimento dei clienti possiamo disegnare l'andamento dell'esperienza e comprendere quali sono i momenti importanti su cui agire.

I Dramatic Arcs si presentano come una serie di onde i cui picchi in un senso o nell'atro corrispondono alle diverse fasi della mappa. Immaginiamo un film di Mission Impossible in cui per ogni azione di Hunt abbiamo un crescendo nel coinvolgimento dello spettatore fino al finale in cui il nostro eroe salva il mondo: qui i Dramatic Arcs saranno tante onde con picchi sempre più alti.

Dramatic Arcs Customer Journey Map

Nel Signore degli Anelli, invece, i dramatic arc si presenteranno come un lento crescendo per raggiungere il suo climax sul Monte Fato avere poi un crollo dell'engagement dello spettatore quando gli Hobbit tornano nella Contea.

Dramatic Arcs Customer Journey Map

Da sottolineare che il picco del Dramatic Arc rappresenta il coinvolgimento, non il livello di soddisfazione. Infatti spesso vanno affiancati alla curva emotiva (qui sopra è il punto 4: "experience") e confrontati: l'attenzione deve cadere nelle fasi in cui si ha un calo drastico della curva emotiva che corrisponde ad un picco (verso l'alto) nei Dramatic Arcs. Questo è il caso in cui la buyer persona è tendenzialmente frustrata dall'esperienza e questa frustazione porta ad un livello di coinvolgimento molto elevato: una brutta situazione che va stemperata.

Un altro punto da tenere presente è che non necessariamente un basso livello di engagement è una cosa negativa: si vedano i Dramatic Arcs come un indicatore di 2 situazioni. La prima in cui la buyer persona è più coinvolta e una in cui è più rilassata: è il corretto dosaggio delle due diverse posizioni che crea l'esperienza definitiva. Non è necessario cercare un unico, alto livello di engagement che potrebbe risultare fin troppo stressante.

A volte, è possibile abbassare il livello in alcune fasi proprio per alleviare la tensione o per evidenziare maggiormente il valore di un'azione successiva: tendenzialmente la differenza tra il punto più basso dell'esperienza e il suo punto più alto definisce la percezione del valore dell'offerta.

Se vi interessa questo tema, troverete utile il libro "this is service design doing".

Design thinking e Growth Hacking

Il Design Thinking e i Jobs to be Done ci aiutano nella fase fondamentale della conoscenza: il primo passo obbligato che ogni azienda dovrebbe fare prima di muoversi in qualsiasi direzione è capire. Capire le Buyer Personas, capire il proprio prodotto e soprattutto capire come queste due entità si rapportano tra loro.

Solo quando tutto è chiaro, e una volta definiti gli obiettivi, si dovrebbe pensare alla strategia. Ok, questo mi sembra normale: prima capisco qual è la mia meta, poi studio il percorso e solo dopo mi metto in viaggio.

Per puro spirito letterario, rimanendo nella metafora, quando finalmente ho caricato il bagagliaio, ho la macchina accesa, mi allaccio la cintura e sono pronto a partire. Come mi muovo?

Ecco, qui entra in scena il Growth Hacking, un processo di costante ricerca e sperimentazione che ha come obiettivo il miglioramento delle performance di qualsiasi strumento possa essere testato e misurato. 

Si tratta fondamentalmente di una metodologia che spinge sull'acceleratore attraverso la mappatura e la suddivisione del Customer Journey in fasi diverse (5 o 6 a seconda di chi ve lo racconta): Awareness, Acquisition, Activation, Revenue, Retention e Referral. Tutte le fasi, insomma, dall'inizio alla fine (e oltre) del processo di acquisto di ognuno di noi. Quesot consente di monitorare la strategia di comunicazione e marketing attraverso il controllo dei touchpoint e di tutte le tattiche che la compongono.

Ci tengo a sottolineare che Design Thinking e Growth Hacking sono due discipline distinte ma complementari. Ricordo che, nel primo corso che ho fatto sul Growth Hacking abbiamo passato intere giornate a parlare di Buyer Personas, Canvas e Design Thinking e ricordo un po' di delusione relativa al fatto che non si parlasse di Growth Hacking.

Ovviamente non era così. Mi aspettavo che fosse diverso e non capivo il perché di tutto quello che stavamo facendo. Oggi, con una consapevolezza diversa, ringrazio di aver fatto quelle giornate, anzi ne farei ancora. 

Quindi, potremmo dire che se il Design Thinking lo utilizziamo più che altro per la fase di Discovery, il Growth Hacking lo utilizziamo per darci un metodo per gestire la sperimentazione. Uno dei bracci armati del Design Thinking. Quello pragmatico della coppia. 

Di sicuro hanno in comune il fatto che entrambi richiedono un atteggiamento, un mindset, orientato alla condivisione delle informazioni e ad un approccio lean. 

La gestione delle persone e del team è quindi fondamentale: un gruppo multisciplinare in cui tutti i membri sono allineati verso un obiettivo comune. Un team in cui le informazioni girano veloci e che va ad una velocità costante nel suo sperimentare, ossessivamente votato alla crescita.

Come si fa Design Thinking: la guida pratica

Il design thinking è un processo composto da diverse fasi riconosciute come standard nel processo:

  1. Empatizzare. Si tratta della prima fase di analisi, in cui l'obiettivo è quello di raccogliere dati, cercando di comprendere al meglio tutti gli aspetti del problema che stiamo cercando di risolvere. Tipicamente nel Design Thinking stiamo parlando dei bisogni dei nostri clienti. Empatia è letteralmente la capacità di porsi nello stato d'animo di un'altra persona: nel nostro caso significa arrivare a comprendere le sue ansie, paure, necessità, desideri di chi immaginiamo voglia comprare i nostri prodotti. Solitamente in questa fase si svolgono delle ricerche sui clienti miste a ricerche desk per raccogliere il maggior numero di informazioni.
  2. Definire. Raccolte le informazioni, bisogna catalogarle in qualche modo. Tendenzialmente si analizzano e si categorizzano creando dei cluster che abbiano una logica secondo il problema che vogliamo risolvere. L'obiettivo è definire il problema alla luce delle informazioni recuperate nella fase precedente: l'importante, nella definizione del problema, è mantenere il focus sulla persona (sul cliente) cercando di evitare di ragionare sui bisogni aziendali. 
  3. Ideare. Questa è la vera fase di brainstorming, in cui il nostro gruppo composto da persone che fanno parte di reparti diversi hanno tutte le informazioni necessarie per iniziare a produrre idee. Senza filtri, senza vergogna, senza giudizio: anche le idee che a prima vista sembrano più stupide possono essere sviluppate e diventare vincenti. Importante è anche pensare fuori dagli schemi, cercare di forzare un pensiero laterale per cercare l'innovazione. Non stiamo cercando soluzioni standard ma idealmente stiamo riscrivendo la storia (almeno quella della nostra azienda). Abbiamo buttato giù una piccola guida al brainstorming.
  4. Prototipare. Questa è la fase in cui selezioniamo le idee che reputiamo migliori e proviamo a dare loro un senso e una forma. I team di designer inizieranno a produrre prototipi più o meno utilizzabili, più o meno realistici (a volte anche cartacei) secondo gli schemi dettati dal lean marketing: attenzione al valore per il cliente, efficienza operativa, riduzione degli sprechi, riduzione dei tempi di valutazione. Senza innamorarsi delle idee, specialmente di quelle che non passano il vaglio della prossima fase. 
  5. Testare. Ultima fase in letteratura, la fase di test in realtà è il primo punto di rilancio del prototipo perché molto spesso il suo utilizzo da parte dei tester mette in luce ulteriori problemi che non erano emersi nelle fasi precedenti. Solitamente quindi non è l'ultima fase ma solo una delle fasi in un processo circolare che riporta quasi necessariamente alla reiterazione di una parte o dell'intero processo. Cioè, qui è bene che saltino fuori altre informazioni per andare a rimodellare il prototipo alla luce di una comprensione maggiore delle esigenze del cliente.
  6. Rilasciare: il prototipo viene rilasciato ai clienti e si valuta come questi interagiscono con lui.
  7. Ripeti tutto: il processo è circolare, a questo punto i prototipi dovrebbero aver generato diverse nuove ipotesi di lavoro.  

Fase 1: empatizzare

Ogni problema ha il suo contesto: è necessario osservare, ascoltare e comprendere le buyer personas, immergersi nel contesto in cui vivono e fanno le loro scelte. La definizione del problema principale è fondamentale per assicurarsi di lavorare su ciò che genera veramente le difficoltà del progetto e non su uno dei sintomi: capire l'esatto problema significa andare alla radice. 

Domande a cui rispondere:

  1. Quale è l’attuale esperienza del cliente?
  2. Quali sono le motivazioni e bisogni del mio cliente?
  3. Quale è la causa del problema ?
  4. Come risponde la mia azienda a questi bisogni?

Alcune attività da svolgere in questa fase:

  1. Set-up della ricerca (quali domande e assunzioni abbiamo?)
  2. Identificare gli obiettivi della ricerca, i metodi e il campione
  3. Selezionare i partecipanti e organizzazione della ricerca
  4. Condurre le varie attività di ricerca
  5. Sintetizzare e analizzare i dati e delle storie
  6. Identificare temi e bisogni della persona

Fase 2: analizzare

Per procedere, il contesto deve essere elaborato e definito: è necessario elaborare quanto acquisito dalla fase di ricerca, approfondire, chiarire collegamenti e modelli, definire pattern.

Domande a cui rispondere:

  1. Cosa vuol dire questa informazione? Cosa la rende nuova ed interessante?
  2. Quali sono le aree di opportunità?
  3. Quali sono le aree di opportunità più promettenti?

Alcune attività da svolgere in questa fase:

  1. Mappare tutti i dati
  2. Rendere accessibile e visibile tutti i dati raccolti
  3. Organizzare ed analizzare temi comuni
  4. Identificare gli insight chiave (come e perché)
  5. Definire e selezionare i bisogni e creare un brief per la generazione di idee

Fase 3: ideare

La definizione del problema facilita la generazione di idee e soluzioni: qui viene incentivata un’elaborazione condivisa e consistente di soluzioni durante la quale nessuna idea viene scartata.

Domande a cui rispondere:

  1. Quali sono le idee per risolvere il problema o soddisfare i bisogni dei miei clienti?
  2. Quali sono le idee che hanno il più grande impatto positivo per i clienti?
  3. Quali sono le idee più fattibili e desiderabili per il business?

Alcune attività da svolgere in questa fase:

  1. Generare tante idee. La quantità conta più della qualità
  2. Aggiungere dettagli per trasformare idee semplici in concept.
  3. Scegliere i concept più promettenti valutando desiderabilità, fattibilità e impatto.

Fase 4: prototipare 

Le idee generate devono prendere forma per essere provate sul campo: la prototipazione serve per mettere alla prova le idee emerse e scelte, inoltre chiarisce ulteriormente il problema offrendo nuovi spunti e/o nuove soluzioni.

Domande a cui rispondere:

  1. Quale esperimento mi dimostra se l’idea è valida?
  2. Le persone vogliono la mia soluzione?
  3. Lo vogliono cosi?
  4. Le persone lo possono usare?
  5. Riusciamo a fornire questa esperienza?

Alcune attività da svolgere in questa fase:

  1. Crea i primi prototipi
  2. Parti con artefatti molto semplici di carta per poi passare a prototipi più complessi
  3. Definisci quali sono le assunzioni e le ipotesi che vorresti testare con i prototipi
  4. Testa i prototipi con potenziali utenti (5-8 persone) per raccogliere il loro feedback e migliorare i prototipi. Ripeti questo processo
  5. Testa i prototipi con dipartimenti e colleghi interni per valutare la fattibilità e raccogliere requisiti per l’implementazione dell’idea.

Fase 5: testare

Le soluzioni devono essere analizzate, testate e bisogna prendere delle decisioni: le idee emerse vengono ordinate per priorità e sottoposte ad un’analisi che ne verifichi la fattibilità.

Alcune attività da svolgere in questa fase:

  1. Raccogli e clusterizza i feedback
  2. Fai domande, cerca di capire perché sì e perchè no
  3. Raccogli insight e genera altre idee

Fase 6: rilasciare

Le soluzioni prototipate devono essere realizzate e distribuite agli utenti finali: è necessario verificare l’efficacia delle idee attraverso il feedback degli utenti osservandoli e ascoltandoli durante l’utilizzo del prodotto.

Domande a cui rispondere:

  1. Riusciamo a fornire questa esperienza?
  2. Questa soluzione è sostenibile/redditizia?
  3. Cosa serve per implementare l’esperienza?
  4. Chi deve essere coinvolto e come la implementiamo?

Alcune attività da svolgere in questa fase:

  1. Mappare la futura esperienza attraverso una customer journey map. Per identificare tutti i processi,sistemi e persone che devono essere coinvolti nel fornire l’esperienza.
  2. Valutare la fattibilità e sostenibilità della soluzione
  3. Definizione dei prossimi step e del team necessario per implementare l’idea
  4. Implementazione dell’idea in modo iterativo

I 7 passi per fare innovazione di prodotto o di processo

Come abbiamo più volte visto, il Design Thinking è un processo di costruzione del valore: come tutti i processi deve poter essere gestito e organizzato. Ecco da che parte cominciare:

  1. Trova l'innesco. Come tutte le bombe, anche il Design Thinking ha necessità di essere innescato. Qualcosa che cambia nel business, in azienda o dentro di te: l'importante è che la scintilla contenga in sé il seme della mentalità giusta con cui affrontare l'intero percorso.
  2. Trova i tuoi sponsor. Le idee da sole non vanno molto lontano, specie se non nascono direttamente dall'alto: una volta che hai l'innesco e la tua idea, condividila in Azienda con chi pensi possa darti un sostegno e in qualche modo la rende autorevole nei confronti dei colleghi.
  3. Organizza il team. Parlando di Growth Hacking abbiamo già parzialmente affrontato il tema. Il punto è che il team deve essere non solo multidisciplinare ma soprattutto motivato e responsabilizzato sull'esito del processo.
  4. Alza il livello. Il processo di Design Thinking necessita, oltre che del mindset giusto, anche di molte skill che fortunatamente possono essere imparate. Formazione, workshop o un leader che possa gestire il processo di allineamento di tutte le figure professionali aiuta la crescita e la coesione del team.
  5. Applica il Design Thinking al gruppo. Per le prime volte, per prendere confidenza con il processo, applica il Design Thinking al Design Thinking: usa gli strumenti per focalizzare l'attenzione del team sui propri obiettivi e per aiutarlo a trovare deliverable concreti.
  6. Trova le linee di business in sofferenza. Concentrati su poche cose, anche una sola per iniziare. In questa fase sei alla ricerca di una quick-win, qualcosa che non performa come dovrebbe, qualcosa di obsoleto che ha bisogno di un restyle. Qualcosa che (sulla carta) può essere messo sotto la lente di ingrandimento e può dare risultati migliori di altro.
  7. Esci dal bulding (in inglese suona molto meglio, get the f**k out of the building). Esci, smettila di cercare soluzioni a tavolino e ascolta i tuoi clienti. Se vuoi sapere da dove cominciare, un buon modo è la teoria dei Jobs to be Done.

Design Thinking: un esempio 

Quello che mi piacerebbe riuscire a fare prima di chiudere questo articolo è spiegarti come in Agenzia abbiamo interpretato il Design Thinking, come abbiamo preso alcune delle sue parti e le abbiamo integrate in un processo che abbiamo definito Discovery con il quale aiutiamo le aziende nostre clienti ad applicare alcuni dei concetti che abbiamo visto fin qui.

In OFG, abbiamo studiato un percorso che chiamiamo Discovery che ha un duplice obiettivo:

  1. raccogliere informazioni all'interno e all'esterno dell'Azienda per costruire un piano di comunicazione, marketing e vendita basato sugli insight raccolti direttamente dai clienti
  2. dare all'Azienda informazioni utili per migliorare ove possibile la propria Customer Experience

Discovery: cos'è e cosa comprende

La Customer Experience, in effetti, è il punto di arrivo della Discovery: proprio per questo motivo è importante comprenderla prima di iniziare. Quindi diciamo che il nostro obiettivo sia quello di disegnare un'esperienza che lasci il segno. Come facciamo? Ma soprattutto, quanto la comunicazione ha a che fare con tutto questo?

Tenendo ben presente il risultato che vogliamo ottenere, la Discovery è un percorso di crescita che passa per alcune fasi e strumenti tipici del Design Thinking volto ad approfondire i seguenti temi:

  1. L'analisi del business dell'azienda
  2. Il profilo delle Buyer Personas
  3. I bisogni dei clienti
  4. La proposta di valore
  5. L'analisi degli asset, digitali e non, dell'azienda
  6. Il Customer Journey
  7. L'analisi delle attività di comunicazione

L'output della Discovery è quello che definiamo un Piano di Crescita: un insieme di strategie e tattiche di comunicazione, marketing e vendita che facciano capo ad obiettivi condivisi e misurabili e cha abbiano un impatto sulla crescita sostenibile del business aziendale.

Questo è un percorso che l'Agenzia fa insieme all'Azienda e che ha 4 vantaggi fondamentali:

  1. Aiuta l'azienda a mettere a fuoco priorità e bisogni
  2. Aiuta l'azienda a mettere allo stesso tavolo persone che solitamente non trovano il tempo di parlarsi su temi strategici
  3. Aiuta l'Agenzia a capire i bisogni e le necessità di comunicazione, marketing, vendita e post vendita dell'Azienda, allineandola agli obiettivi
  4. Può essere il primo passo verso l'introduzione di un modello di pensiero legato al Design Thinking.

Ecco come il Design Thinking ha in parte cambiato l'Agenzia e la sta ancora cambiando. E tu, come sei messo?

Il design thinking è un approccio innovativo e altamente efficace che consente alle aziende di affrontare e risolvere problemi complessi, utilizzando la creatività e il pensiero fuori dagli schemi. Questo metodo si basa sulla profonda comprensione delle esigenze degli utenti e sulla progettazione di soluzioni che siano non solo funzionali, ma anche esteticamente gradevoli.

L'obiettivo principale del design thinking è quello di creare soluzioni innovative che rispondano alle esigenze del buyer personas, migliorando così l'esperienza e la soddisfazione degli utenti. Questo approccio si basa sulla collaborazione multidisciplinare e sul coinvolgimento di diverse competenze, al fine di generare idee originali e creative.

Utilizzare il design thinking offre numerosi vantaggi alle aziende. Innanzitutto, permette di superare i limiti delle soluzioni convenzionali, consentendo di creare prodotti e servizi unici che si distinguono dalla concorrenza. Inoltre, coinvolgendo gli utenti fin dalle prime fasi del processo di sviluppo, si aumenta notevolmente la probabilità di successo e di adozione delle soluzioni da parte del mercato.

Nel contesto della comunicazione aziendale, il design thinking è uno strumento fondamentale per migliorare l'efficacia e l'impatto dei messaggi e dei contenuti aziendali. Comprendere a fondo le buyer personas è il primo passo per utilizzare il design thinking nella comunicazione aziendale. Questo implica l'analisi delle caratteristiche demografiche, dei comportamenti, delle esigenze e dei desideri dei potenziali clienti. Solo conoscendo a fondo il proprio pubblico è possibile creare messaggi e contenuti mirati ed efficaci.

Una volta comprese le buyer personas, è importante definire chiaramente gli obiettivi di comunicazione dell'azienda. Questi obiettivi possono essere di diversa natura, come ad esempio aumentare la consapevolezza del brand, generare lead qualificati o migliorare l'immagine aziendale. Definire chiaramente gli obiettivi aiuta a guidare il processo di progettazione della comunicazione, consentendo di concentrare gli sforzi sulle aree più rilevanti.

Utilizzando il design thinking, è possibile generare idee innovative per migliorare la comunicazione aziendale. Questo processo di ideazione si basa sull'apertura mentale, la creatività e l'empatia verso le buyer personas. Attraverso brainstorming e sessioni di co-creazione, è possibile generare soluzioni originali e fuori dagli schemi. Una volta generate le idee, è importante trasformarle in prototipi concreti, che possono essere, ad esempio, nuovi formati di contenuti, nuove strategie di comunicazione o nuovi canali di distribuzione. I prototipi vengono quindi testati sulle buyer personas per valutarne l'efficacia e apportare eventuali miglioramenti.

Per migliorare la comunicazione aziendale, è fondamentale identificare e comprendere i bisogni delle buyer personas. Questo si ottiene attraverso ricerche di mercato, interviste, sondaggi e osservazione diretta del comportamento degli utenti. L'obiettivo è quello di creare una connessione profonda con il pubblico, capire le sue aspettative e rispondere in modo efficace alle sue esigenze.

Prima di avviare qualsiasi iniziativa di comunicazione, è importante condurre un'analisi approfondita del mercato e della concorrenza. Questa analisi permette di identificare le opportunità di comunicazione, i punti di forza e di debolezza della concorrenza e di individuare gli spazi vuoti che possono essere occupati dalla propria azienda.

L'ascolto attivo del pubblico è un'abilità fondamentale per migliorare la comunicazione aziendale. Questo si può ottenere attraverso la creazione di canali di feedback, come ad esempio i social media, i sondaggi online o i focus group.

Usare il design thinking per migliorare la comunicazione aziendale

Il design thinking è una metodologia innovativa che sfrutta la collaborazione multidisciplinare e il coinvolgimento di diverse competenze per creare soluzioni originali e creative che rispondano alle esigenze degli utenti. Questo approccio mette al centro l'utente, cercando di capire le sue necessità, desideri e aspettative, al fine di migliorare la sua esperienza e soddisfazione.

Attraverso la collaborazione di diverse figure professionali, come designer, esperti di marketing, sviluppatori e rappresentanti delle buyer personas, il design thinking permette di generare idee innovative che vanno oltre le soluzioni convenzionali. Questo approccio favorisce l'apertura mentale, la creatività e l'empatia, stimolando la generazione di soluzioni fuori dagli schemi.

Inoltre, il coinvolgimento degli utenti fin dalle prime fasi del processo di sviluppo permette di testare e valutare le soluzioni proposte, assicurando un'alta probabilità di successo e di adozione da parte del mercato. L'obiettivo finale del design thinking è quello di creare processi, prodotti o servizi che siano in linea con le esigenze degli utenti, migliorando la loro esperienza e soddisfazione.

Il design thinking in comunicazione ci può aiutare a: 

Analizzare mercato e concorrenza

Prima di avviare qualsiasi iniziativa di comunicazione, è importante condurre un'analisi approfondita del mercato e della concorrenza. Questa analisi permette di identificare le opportunità di comunicazione, i punti di forza e di debolezza della concorrenza e di individuare gli spazi vuoti che possono essere occupati dalla propria azienda.

Gli strumenti di design thinking che possiamo usare per analizzare la concorrenza sono ad esempio il BMC (Business Model Canvas) oppure analisi e ricerche desk oppure interviste a clienti o potenziali.

Conoscere le buyer personas

Utilizzare il design thinking nella comunicazione aziendale permette alle aziende di creare messaggi e contenuti più efficaci ed emotivamente coinvolgenti per il loro pubblico di riferimento. Comprendere a fondo le proprie buyer personas è il primo passo per utilizzare il design thinking nella comunicazione aziendale. Questo significa analizzare le caratteristiche demografiche, i comportamenti, le esigenze e i desideri dei potenziali clienti. Solo conoscendo a fondo il proprio pubblico è possibile creare messaggi e contenuti mirati ed efficaci.

L'ascolto attivo del pubblico è un'abilità fondamentale per migliorare la comunicazione aziendale. Questo si può ottenere attraverso la creazione di canali di feedback, come ad esempio i social media, i sondaggi online o i focus group. Ascoltare il pubblico permette di identificare le sue opinioni, le sue preferenze e i suoi bisogni.

Definire gli obiettivi di comunicazione

Successivamente è importante stabilire gli obiettivi di comunicazione dell'azienda. Questi obiettivi possono essere di diversa natura, come ad esempio aumentare la consapevolezza del brand, generare lead qualificati o migliorare l'immagine aziendale. Definire chiaramente gli obiettivi aiuta a guidare il processo di progettazione della comunicazione. 

Gli strumenti di design thinking che guidano questo processo sono più che altro legati alla gestione delle riunioni interne e dell'ascolto del team interfunzionale. Ricordiamo che avere un team con diverse professionalità, appartenenti a reparti aziendali diversi aiuta ad aprire la mente e considerare diversi punti di vista.

Creare e testare prototipi 

Attraverso brainstorming e sessioni di co-creazione, è possibile generare soluzioni originali e fuori dagli schemi. Questo può significare analizzare nuovi media come strumenti alternativi di comunicazione rispetto a quelli utilizzati solitamente o testare nuove funzionalità di sito e landing pages oppure ancora testare nuovi modi creativi per gestire la propria comunicazione. Approfondiamo qui.

Perché utilizzare il design thinking

L'approccio del design thinking offre numerosi vantaggi alle aziende che scelgono di adottarlo. Questo approccio innovativo consente alle aziende di superare i confini delle soluzioni tradizionali, permettendo loro di creare prodotti e servizi unici e distintivi rispetto alla concorrenza. Coinvolgere gli utenti fin dalle prime fasi del processo di sviluppo è fondamentale per aumentare le probabilità di successo e di accettazione sul mercato.

Attraverso il design thinking, le aziende possono creare prodotti e servizi che rispondono in modo efficace alle esigenze e ai desideri dei propri clienti. Questo approccio è vincolato da una consocenza preliminare delle proprie buyer personas e permette di acquisire nel tempo una conoscenza sempre più approfondita del pubblico di riferimento, consentendo alle aziende di creare prodotti e servizi che soddisfano realmente le loro necessità. Inoltre, coinvolgere gli utenti fin dalle prime fasi del processo di sviluppo consente di ottenere feedback preziosi che possono guidare l'iter di progettazione e migliorare il prodotto finale.

Oltre a creare prodotti e servizi unici, il design thinking può anche aiutare le aziende a sviluppare un vantaggio competitivo sul mercato. Questo approccio permette alle aziende di pensare in modo diverso rispetto alla concorrenza, di identificare nuove opportunità e di creare soluzioni innovative. Inoltre, coinvolgere il pubblico fin dalle fasi iniziali del processo di sviluppo consente alle aziende di sviluppare prodotti e servizi che rispondono in modo preciso alle esigenze del mercato.

Applicazione del design thinking alla comunicazione aziendale

La comunicazione aziendale gioca un ruolo fondamentale nel successo di un'organizzazione. Sfruttando il design thinking, le aziende possono migliorare la loro comunicazione, creando messaggi e contenuti che siano più efficaci ed emozionalmente coinvolgenti per il loro target di riferimento.

Comprendere le buyer personas

Il primo passo per utilizzare il design thinking nella comunicazione aziendale è quello di comprendere a fondo le proprie buyer personas. Questo significa analizzare le caratteristiche demografiche, i comportamenti, le esigenze e i desideri dei potenziali clienti. Solo conoscendo a fondo il proprio pubblico è possibile creare messaggi e contenuti mirati ed efficaci. 

Utilizzando le informazioni raccolte sull'audience, è possibile personalizzare la comunicazione aziendale in modo da rendere i messaggi più pertinenti e interessanti per il pubblico. La personalizzazione può avvenire a diversi livelli, come ad esempio l'adattamento del tono di voce, la scelta dei canali di comunicazione o la creazione di contenuti specifici per segmenti di pubblico.

L'ascolto attivo del pubblico è un'abilità fondamentale per migliorare la comunicazione aziendale. Questo si può ottenere attraverso la creazione di canali di feedback, come ad esempio i social media, i sondaggi online o i focus group. Ascoltare il pubblico permette di identificare le sue opinioni, le sue preferenze e i suoi bisogni, che possono essere utilizzati per creare contenuti più rilevanti e coinvolgenti.

Noi in agenzia usiamo un processo che abbiamo definito Discovery che, tra le altre cose, comprende anche un approfondimento importante sulle buyer personas. Qui il template che usiamo per guidare i nostri clienti nella loro compilazione.

Identificazione dei bisogni delle buyer personas

Per migliorare la comunicazione aziendale, è fondamentale identificare e comprendere i bisogni delle buyer personas. Questo si ottiene attraverso ricerche di mercato, interviste, sondaggi e osservazione diretta del comportamento degli utenti. L'obiettivo è quello di creare una connessione profonda con il pubblico, capire le sue aspettative e rispondere in modo efficace alle sue esigenze. La teoria dei jobs to be done è quello a cui stiamo pensando in questo momento.

Ideazione di soluzioni innovative

Utilizzando il design thinking, è possibile generare idee innovative per migliorare la comunicazione aziendale. Questo processo di ideazione si basa sull'apertura mentale, la creatività e l'empatia verso le buyer personas. Attraverso brainstorming e sessioni di co-creazione, è possibile generare soluzioni originali e fuori dagli schemi: ricordiamo l'importanza di un team con professionalità che arrivano da diversi reparti aziendale per ascoltare tutte le esigenze aziendali, eventualmente definire nuovi obiettivi di comunicazione e tenere la mente sempre aperta a soluzioni non necessariamente convenzionali. Il pensiero divergente è una delle caratteristiche fondamentali del design thinking. Significa pensare oltre i confini delle soluzioni convenzionali e sfidare gli schemi predefiniti. Questo approccio permette di generare un'ampia varietà di idee e di considerare prospettive diverse, che possono portare a soluzioni innovative.

Soluzioni innovative, in comunicazione, può voler dire nuovi media, nuovi argomenti, nuovi formati, un tono di voce diverso, sempre nel rispetto delle linee guida del brand delineate nella brand identity.

 

Prototipazione e test

Una volta che le idee sono state generate, diventa cruciale trasformarle in prototipi concreti. Questi prototipi possono assumere diverse forme, come nuovi formati di contenuti, strategie di comunicazione innovative o canali di distribuzione alternativi. Ad esempio, potrebbe essere creato un prototipo di un nuovo formato di video promozionale o di una newsletter interattiva. Inoltre, potrebbe essere sviluppato un prototipo di una nuova strategia di comunicazione basata su influencer o di una campagna pubblicitaria sui social media.

Una volta che i prototipi sono stati creati, è importante testarli sulle buyer personas per valutarne l'efficacia e apportare eventuali miglioramenti. Ad esempio, si potrebbero condurre interviste individuali o fare dei user test. Questo feedback può essere utilizzato per apportare modifiche ai prototipi e affinarli ulteriormente.

L'obiettivo di testare i prototipi sulle buyer personas è quello di assicurarsi che siano in linea con le esigenze e i desideri del pubblico di riferimento. Solo attraverso il test e il miglioramento dei prototipi è possibile creare soluzioni di comunicazione efficaci ed efficienti che rispondano alle necessità del pubblico.

Inoltre, testare i prototipi permette di identificare eventuali problemi o lacune nella comunicazione e di correggerli prima di lanciare la strategia di comunicazione completa. In questo modo, si può ridurre il rischio di investire tempo e risorse in soluzioni che potrebbero non funzionare.

Un ottica abbastanza legata al growth hacking. Nel processo di miglioramento della comunicazione aziendale, è importante sperimentare e imparare dall'errore. Questo significa testare diverse soluzioni, valutarne l'efficacia e apportare eventuali miglioramenti. L'errore diventa un'opportunità di apprendimento e di crescita, permettendo di affinare continuamente la comunicazione.

Esempi pratici di design thinking applicato alla comunicazione aziendale

Per comprendere meglio l'applicazione del design thinking alla comunicazione aziendale, vediamo alcuni esempi pratici.

Studio di caso: discovery e redesign del sito web

Un nostro cliente decide di migliorare la comunicazione con i propri clienti attraverso il proprio sito web. C'è un ecommerce di mezzo e la questione è abbastanza delicata. L'agenzia, dopo un approfondito lavoro di discovery in cui abbiamo ridefinito mission, vision e valori, analizzato buyer personas e definito le value proposition per ognuna di loro, propone un'analisi di UX e UI svolta in due modalità:

  1. Desk: i nostri sviluppatori hanno analizzato il sito sia dal lato tecnico che dal lato della user experience fornendo insight su come modificare l'interfaccia
  2. Sul campo: abbiamo osservato direttamente il comportamento di navigazione degli utenti nel sito, chiedendo loro spiegazioni e facendo verbalizzare ogni loro mossa.

il tutto con l'obiettivo di verificare:

  1. la bontà delle modifiche già proposte nella ricerca desk;
  2. Verificare l’architettura del sito ipotizzata con test dedicati
  3. Verificare la nuova proposta di design del sito con test dedicati, coinvolgendo un panel di utenti

I due test scelti sono stati:

Test di usabilità o think aloud.

Che cos’è. Per testare l’usabilità di un sito si utilizza il metodo del think aloud, ovvero un test moderato in cui si osserva l’utente durante la navigazione di un sito o prototipo, con gli obiettivi di validare il design o far emergere le criticità da risolvere. È un test che può essere ripetuto più volte nelle varie fasi del design per validare prototipi più o meno avanzati.

Come funziona. Durante il test l’utente naviga il prototipo del sito con l’obiettivo di raggiungere specifiche informazioni o completare una ricerca affidatagli dal moderatore, spiegando ad alta voce il percorso che sta seguendo. Il test può essere svolto di persona o da remoto, chiedendo all’utente di condividere il suo schermo. Il think aloud si svolge con un campione limitato di utenti: solitamente 5-6 persone sono considerate sufficienti per far emergere le criticità del progetto. Ciascuna sessione di test richiede in media 30 minuti, ma può variare a seconda della complessità del sito e dei compiti assegnati all’utente.

Treetest

Che cos’è. Il tree test è uno strumento molto utile per indagare l’architettura di un sito o la gerarchia delle informazioni. Consente infatti di capire come gli utenti trovano le informazioni che stanno cercando all’interno del menu, che tipo di percorso compiono, se l’architettura proposta corrisponde ai loro modelli mentali o se invece i contenuti vanno riorganizzati.

Come funziona. All’utente viene chiesto di trovare una determinata informazione all’interno del menu del sito. L’utente naviga le varie voci, selezionando la voce che a suo parere contiene l’informazione richiesta. L’utente non testa l’interfaccia del sito, ma l’organizzazione delle voci nel menu, ovvero l’albero di navigazione. Il test è composto generalmente di massimo 10 domande e viene strutturato utilizzando specifici software online. Essendo un test online e non moderato, è necessario raccogliere almeno 50 risposte per far emergere le criticità e validare la struttura proposta.

Conclusioni

Il design thinking offre un approccio innovativo per migliorare la comunicazione aziendale. Utilizzando questo metodo, le aziende possono comprendere meglio le proprie buyer personas, generare soluzioni innovative e migliorare l'efficacia dei messaggi e dei contenuti. Inoltre, il design thinking può essere applicato con successo anche alle tendenze del digital marketing, consentendo alle aziende di rimanere al passo con l'evoluzione del settore e di ottenere risultati significativi.

Il design thinking è un approccio che si basa sulla creatività e il pensiero fuori dagli schemi per risolvere problemi complessi e migliorare l'innovazione. Il design thinking permette alle aziende di creare soluzioni innovative, coinvolgere gli utenti fin dalle prime fasi del processo di sviluppo e superare i confini delle soluzioni convenzionali.

Il design thinking è un approccio potente che può portare a soluzioni innovative e creative. Mettendo le persone al centro del processo di progettazione, è possibile sviluppare prodotti, servizi e soluzioni che soddisfino efficacemente le loro esigenze. Sperimentare il design thinking può aprire nuove prospettive e stimolare l'innovazione in molti settori diversi.

Applicazioni del design thinking

Il design thinking può essere applicato in molti contesti e settori diversi. Ecco alcuni esempi di come il design thinking può essere utilizzato per promuovere l'innovazione:

  1. Nel mondo degli affari. Il design thinking può aiutare le aziende a sviluppare nuovi prodotti e servizi che soddisfino efficacemente le esigenze dei clienti. Questo approccio può essere utilizzato anche per migliorare i processi interni, semplificando le operazioni e promuovendo la collaborazione tra i dipartimenti.
  2. Nell'ambito dell'istruzione. Il design thinking può essere applicato nell'ambito dell'istruzione per sviluppare programmi e metodi didattici innovativi. Questo approccio pone gli studenti al centro del processo di apprendimento, incoraggiando la creatività, il pensiero critico e la risoluzione dei problemi.
  3. Nel settore sanitario. Il design thinking può essere utilizzato per migliorare l'esperienza del paziente nel settore sanitario. Comprendendo le esigenze dei pazienti e progettando servizi centrati sull'utente, è possibile creare un ambiente più accogliente e migliorare la qualità delle cure.

Takeaways

Qual è la differenza tra il design thinking e il design tradizionale? Il design thinking si differenzia dal design tradizionale perché enfatizza l'empatia, la collaborazione e l'iterazione. Mentre il design tradizionale si concentra principalmente sull'estetica, il design thinking si preoccupa di comprendere le esigenze degli utenti e di creare soluzioni funzionali ed efficaci.

Quanto tempo occorre per implementare il design thinking in un progetto? La durata dell'implementazione del design thinking dipende dalla complessità del problema e delle soluzioni proposte. In generale, il design thinking è un processo iterativo che richiede tempo per l'empatia, l'ideazione, la prototipazione e la sperimentazione. È importante dedicare il tempo sufficiente a ciascuna fase per ottenere risultati significativi.

Quali sono i vantaggi del design thinking? Il design thinking offre numerosi vantaggi, tra cui una maggiore comprensione delle esigenze degli utenti, soluzioni più innovative, una migliore collaborazione tra i membri del team e una maggiore flessibilità nel processo di progettazione. Questo approccio può portare a risultati più efficaci e soddisfacenti.

Chi può utilizzare il design thinking? Il design thinking può essere utilizzato da persone e organizzazioni di diversi settori e ambiti. Sia le grandi aziende che le startup, gli educatori, gli operatori sanitari e i professionisti del design possono trarre vantaggio dall'applicazione del design thinking nei loro progetti e attività.

Quali competenze sono necessarie per applicare il design thinking? Per applicare il design thinking, è utile avere competenze come l'ascolto attivo, la capacità di osservazione, la creatività, il pensiero laterale e la capacità di lavorare in team. La curiosità e la volontà di sperimentare sono anche qualità importanti per utilizzare al meglio il design thinking.

Luca Bizzarri