La natura imprevedibile delle storie e la conformazione del nostro cervello, ne ho spiegato i meccanismi rendono lo storytelling un'incredibile metodo di comunicazione, anche nella vendita.
In tempi in cui le notifiche e i dispositivi distraggono continuamente le persone, riducendo al minimo il tempo di attenzione, le storie riescono ad essere una delle poche strade di dialogo che funzionano davvero, oggi più che mai.
Un processo di vendita, nelle struttura più semplificata, ha fasi ben distinte che si muovono - anche nel tempo - dal momento di connessione, per passare alla differenziazione e arrivare alla chiusura della trattativa che per il cliente rappresenta un momento di scelta, di rischio ma anche di cambiamento.
Parliamo della prima fase, quella della connessione per dire che non possiamo avviare un processo di vendita senza aver costruito una relazione, una prima connessione con chi si occupa dell'acquisto.
Una connessione riguarda interessi, autorevolezza e - per ultimo - fiducia.
Per avviare una conversazione commerciale o una presentazione, spesso chi si occupa di vendita, usa la storia dell'azienda. Ma c'è un piccolo problema: in almeno il 90% dei casi non si tratta di storytelling ma solo di fatti scollegati tra loro, avvicinati senza alcun nesso se non la sequenza temporale degli eventi. Un po' pochino per essere narrazione.
Cosa portarsi via: un elenco di fatti non è una storia.
Cos'è una storia? Le fasi dello storytelling
Per definizione, una storia ha una sequenza di eventi correlati. Nella storytelling accade un fatto, poi un altro, poi un altro ancora. E hanno tutti un nesso logico e sequenziale.
Quasi tutti usano la parola storia. Molti sono convinti di saper fare storytelling ma non è così. E il primo motivo di errore è quasi sempre il fatto che non mettono in correlazione i fatti della storia.
Allora provo a dettagliare un po' meglio il flusso logico delle storie, partendo dal presupposto che le storie hanno un inizio, una contestualizzazione di avvio. Un tempo e uno spazio in cui sono collocate. E addirittura una dichiarazione di inizio della storia.
Questo passaggio è indispensabile non solo perché aiuta l'ascoltatore a individuare un momento in cui collocare la vicenda ma anche perché serve a rilassare il destinatario e ad avviare il processo di sospensione dell'incredulità. Mancare questo primo passaggio può significare perdere immediatamente l'attenzione di chi ci ascolta.
Dopo il setting iniziale, c'è sempre una complicazione, un cambiamento improvviso e sorprendente. Qualcosa che rende necessaria la chiamata all'azione del protagonista della storia, per risolvere.
Dopo l'evoluzione centrale, puoi trovare in ogni storia un momento in cui la situazione cambia per arrivare ad una risoluzione, uno stato finale in cui il contesto si è rinnovato.
Gli elementi indispensabili di una storia
Ci sono quindi degli aspetti che ho evidenziato che non possono mancare in ogni storia di business, in modo particolare nelle storie di vendita.
- Una sequenza di eventi correlati
- Una definizione e contestualizzazione spazio temporale
- Un protagonista
- Dei fatti imprevedibili e che sorprendono l'eroe
- La collocazione in uno scenario di business
Parlando del protagonista, posso dire che la scelta deve essere molto precisa in base al momento narrativo e alla collocazione della storia nelle fasi di vendita.
Una storia indirizzata alla connessione empatica deve avere quasi sempre come protagonista chi parla o una persona dell'azienda importante, con un ruolo in processi vicini a quelli del cliente. La scelta cambia invece nella fasi successive del processo di vendita, in cui il protagonista diventa il cliente o un'azienda molto simile, in un caso di successo.
Nelle storie di connessione iniziale, quindi, è una buona regola parlare di una storia personale, di persone della nostra azienda o dell'azienda stessa.
Le storie di collegamento: la prima fase
Posso dire che, molto probabilmente, le storie di collegamento, quelle che servono a creare un iniziale legame empatico con il prospect in un primo momento del ciclo di vendita sono forse le più difficili da pensare e strutturare.
la difficoltà principale è che devono parlare di noi stessi e quindi corrono l'enorme pericolo di essere noiose o, peggio, fastidiose.
Per evitare questo effetto terribile, che non porterebbe di sicuro ad un secondo incontro, c'è una prima regola da rispettare e che sottolineo: non devono essere storie di successo e autoreferenziali.
Non ci deve essere vanto, premi o riconoscimenti, successi imprevedibili. Questa scelta renderebbe quasi impossibile, per l'altra parte, restituire una storia di pari successo e avvierebbe molto probabilmente un momento di competizione. Proprio per queste ragioni, devono poter raccontare il contrario: un fallimento, un errore o una difficoltà.
Oppure possiamo scegliere di spostare il ruolo su una persona della nostra azienda, qualcuno di cui - magari - il nostro ascoltatore dovrà fidarsi in un momento successivo. Ma in questo caso, c'è un'altra difficoltà da gestire e cioè la capacità del commerciale di staccarsi - anche nello storytelling - dalla relazione con il cliente. Troppo spesso infatti i venditori sentono di pensare che il cliente, il prospect, il contatto gli appartenga e quindi si innesca un rifiuto nello spostare l'attenzione da sé stesso agli altri.
Nell'evoluzione dei modelli di vendita il responsabile della gestione di un processo di vendita non può più essere l'unica figura di riferimento; la persona a cui rivolgersi per ogni difficoltà; il protagonista.
La presenza di altre persone dell'azienda prima o poi è inevitabile: tecnici, responsabili di progetto, esecutivi. Meglio farli entrare nella storia in una prima fase, che in ultimo momento, anche per sfruttare il valore complessivo del brand della propria azienda.