Prendere decisioni, che siano di marketing o altro, basate sui dati (il famigerato marketing data driven) non è così come dirlo. Raccogliere e aggregare tra loro i big data è un lavoro complesso che richiede alta specializzazione e analizzare i dati è ancora un altro tema. In poche parole raccogliere i Big Data e analizzare i dati è appannaggio di pochi: la data science inizia a prendere il sopravvento su molte altre discipline.
Primo perché leggere i dati e trasformarli in indicazioni utili è più complicato di quanto si possa pensare e poi perché l'argomento è ampio: allineamento tra reparti aziendali, tecnologia, marketing data driven, tecnologia, vendite, tecnologia. Ah, e tecnologia ovviamente.
Se non fosse ancora chiaro, oggi affrontiamo il tema più che altro dal punto di vista del software, avremo altre occasioni di parlare di Growth Hacking e metodologie volte al miglioramento delle performance digitali.
Ultima premessa: il marketing non è l'unica disciplina che può essere guidata da dati ma la data science potenzialmente ha lo scopo di raccogliere dati provenienti da qualsiasi fonte e di aggregare e analizzare quei dati per astrarne delle regole (dal campo medico a quello militare ecc.).
Diciamo che per poter parlare di marketing data driven dobbiamo almeno rispondere a 3 necessità fondamentali:
- Dobbiamo avere dei dati da analizzare
- Dobbiamo essere capaci di aggregarli
- Dobbiamo essere capaci di analizzarli
Sembrano 3 banalità e, in effetti, è proprio così: sono 3 banalità però dalle quali non possiamo prescindere. Vediamo di sviscerare un po' meglio questi punti che ci aiuteranno a seguire il filo del discorso.
Raccogliere i dati dei clienti.
Dove posso trovare i dati dei clienti? Beh, di certo non si comprano al supermercato. O forse sì. Esistono banche dati (una specie di supermercato, in effetti) nelle quali fondamentalmente si possono acquistare pacchetti di dati: i famosi Big Data, utilizzabili ad esempio per campagne in programmatic advertising, hanno però bisogno di essere letti da specifiche piattaforme (DMP, Data Management Platform) che sparano il dato anonimizzato sul server che gestisce le campagne mostrando così i banner agli utenti che hanno profili di navigazione statisticamente simili all'audience target. Suona complicato ma la maggior parte di questo processo è demandata alla tecnologia. Come al solito la difficoltà sta nella progettazione e nel corretto setup, non tanto nell'esecuzione.
Il punto però qui sta nella parola "anonimizzato". Quello che si può acquistare è un'analisi statistica e di conseguenza un risultato di campagna advertising "statisticamente accettabile".
Secondo una proverbiale descrizione (a quanto pare di Trilussa, poeta e scrittore romano) la statistica è quella scienza per cui se io mangio un pollo intero e tu non mangi nulla abbiamo mangiato mezzo pollo a testa. C'est à dire, calata nella realtà dei fatti che stiamo trattando, meglio basare le propre analisi su dati di prima parte, cioè raccolti in maniera diretta dall'azienda.
Quindi per tornare alla nostra domanda, dove trovo i dati se non posso comprarli? La risposta è tanto semplice quanto faticosa: me li raccolgo da solo. Le fonti possono essere tante, da Analytics al CRM, dai dati di navigazione all'email marketing, dall'app mobile alla carta fedeltà, dalla marketing automation all'intelligenza artificiale. Rimane il tema di come analizzare i big data e raccogliere dati statistici, come detto, non è propriamente uno scherzo in termini di strategia, coordinamento tra reparti aziendali, coerenza e integrazione tra tutti i touchpoint, controllo della bontà del dato e quindi, per chiudere, di costi.
Raccogliere i dati statistici dei clienti.
Perché l'aggregazione di dati diversi dovrebbe essere un problema? In teoria non dovrebbe esserlo, hai ragione. La pratica però è diversa: per mancanza di una seria analisi iniziale, di una strategia chiara o, più semplicemente, di un partner in grado di definirla in maniera univoca ha portato la stragrande maggioranza delle aziende a stratificare software su software, di anno in anno.
Il risultato è un ecosistema aziendale di software in cui nessuno è contento: la proprietà spende sempre più soldi, il management fatica ad organizzare il lavoro e gli utilizzatori si trovano a gestire un elevato livello di complessità dovuto a passaggi manuali, integrazioni, diverse dashboard e diversi login.
Il tema dell'aggregazione è reale quindi e duplice:
- Bisogna gestire il flusso di dati tra i diversi software per ottenere informazioni univoche (solo per fare un esempio banale, allineare il software che invia le newsletter con il CRM).
- Bisogna saper uniformare i dati provenienti da diverse fonti esterne (ad esempio integrare i dati di navigazione, i dati dei comportamenti sui social media e i dati delle telefonate del reparto sales).
Il fattore tecnologico è fondamentale per l'aggregazione dei dati. Primo perché altrimenti sarebbe un lavoraccio (inutile) e secondo perché, ad oggi, ogni dato che raccogliamo arriva direttamente dalle piattaforme cui ognuno di noi si appoggia tutti i giorni (social media, app mobile, Google search etc).
Analizzare i dati raccolti e big data.
Una volta che i dati sono stati aggregati e uniformati devono poter essere letti allo scopo di trarre degli insight sul loro comportamento (cosa sono i consumer insight?). Questa è la fase finale e se siamo qui vuol dire che:
- abbiamo costruito un valido ecosistema di software interni all'azienda
- stiamo raccogliendo dati statistici legati ai comportamenti dei nostri clienti o prospect
- abbiamo qualcuno che sa leggere i dati statistici (data scientist)
Certo, dobbiamo assicurarci che la lettura e l'interpretazione dei dati porti ad un qualche tipo di azione: ovviamente leggere e sapere non basta, il dato deve essere il punto di partenza per azioni nuove o correttive che però non sono prese "di pancia" ma con piena coscienza. Il marketing data driven è qui che deve portare.
Luca Bizzarri