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Le promesse e lo scopo del brand: strategia di branding, coerenza, impatto

Le promesse del brand alla base della strategia di branding

Sbloccare lo scopo e le promesse aziendali è una sfida che molte realtà affrontano. Spesso il purpose, pur essendo ben formulato, resta imprigionato nelle stanze dirigenziali, senza avere un impatto concreto e duraturo su dipendenti, clienti o stakeholder. Il brand, in questo contesto, non è solo un elemento estetico ma il veicolo attraverso cui rendere lo scopo percepibile, autentico e operativo.

Immaginare un brand che spinga lo scopo al livello successivo, significa cominciare dall’interno. È da dentro l’azienda che bisogna partire: dalle convinzioni profonde, dalla narrazione che lega tutti al progetto comune, dalla cultura organizzativa. Quando una nazione si fonda su valori forti e chiari, li proietta nel mondo. Allo stesso modo, un’organizzazione ha bisogno che il proprio scopo diventi visibile, concreto, quotidiano. In questo processo, la strategia di brand agisce come ponte tra l’essere e il mostrare, tra l’intenzione e la manifestazione.

Pensare alla strategia di brand come qualcosa di esteriore significa correre il rischio del cosiddetto “purpose washing”: un’operazione di facciata che non regge la prova della coerenza. Invece, quando la strategia nasce dall’anima dell’azienda, da ciò che essa è nel profondo e da come vuole essere percepita, c’è un’autenticità che si percepisce. È utile far emergere storie interne, mettere in campo workshop, coinvolgere i leader e, più ancora, chi vive quotidianamente l’azienda. Questo coinvolgimento crea senso di appartenenza: il brand smette di essere un esercizio sterile e diventa un’esperienza condivisa, fatta di responsabilità e motivazione.

Allo stesso tempo, guardare al passato non è voltare le spalle al futuro: è scoprire radici, principi fondanti, il senso originario. Quanta più chiarezza c’è su ciò da cui si proviene, tanto più potente e credibile sarà il messaggio che si porta avanti. Ripensare lo scopo azzerando decenni di evoluzione può risultare dispersivo. Concentrare l’attenzione sulla visione iniziale e adattarla con coerenza e modernità, al contrario, è la cosa giusta da fare. Così, il brand diventa il filo che unisce ieri, oggi e domani senza perdere autenticità e la semplicità della visione originaria ritrova forza nel presente.

Ovviamente la coerenza tra parole e comportamento è fondamentale, perché ogni punto di contatto è occasione per raccontare lo scopo. Ogni dettaglio, se ben costruito, diffonde le promesse che il tuo brand vuole fare ai clienti: non basta dirlo, serve mostrarlo con concretezza. È l’insieme di esperienze, visive e relazionali, che fa percepire la coerenza tra ciò che l’azienda afferma e ciò che fa. In particolare, nella comunicazione B2B, si tende a sottostimare l’importanza dell’aspetto emotivo: ma le persone, sempre, si emozionano. Dare forma visiva e narrativa allo scopo genera fiducia e favorisce relazioni profonde.

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Inside‑out brand strategy: coinvolgere per trasformare lo scopo in brand

Ogni strategia di branding che punta a essere solida e duratura deve partire da dentro. Non si costruisce un brand autentico se lo scopo è solo un’espressione verbale riportata su una slide di presentazione. Serve invece un processo culturale che permetta alle persone dell’azienda di riconoscersi in quello scopo, viverlo, farlo proprio.

Il metodo inside-out, in questo senso, è più di un approccio: è un imperativo. Significa partire dai valori fondanti dell’azienda, dalle narrazioni interne, dalle storie quotidiane che spesso non arrivano mai alla superficie. Un brand costruito in questo modo è un brand che comunica davvero ciò che l’azienda è e non quello che vorrebbe essere solo per piacere al mercato.

In questa fase il ruolo della leadership è determinante, ma non sufficiente. Il coinvolgimento deve essere trasversale. Workshop di co-creazione, momenti di ascolto, laboratori interni e storytelling partecipativo diventano strumenti concreti per attivare le persone, far emergere intuizioni e costruire una visione condivisa. Non si tratta solo di validare lo scopo ma di costruirlo insieme a chi contribuisce ogni giorno a renderlo reale.

Una strategia inside-out consente anche di generare una narrativa forte e coesa, che sarà poi riversata nella comunicazione esterna con una potenza espressiva autentica. L’allineamento tra cultura interna e identità di brand è ciò che permette al purpose di non restare bloccato. Quando le persone sono coinvolte nella costruzione del brand, ogni loro azione contribuisce a comunicarlo.

Heritage e visione: costruire futuro dal passato originario

Un brand credibile non si inventa da zero. Affonda le sue radici nella storia dell’azienda, nei suoi momenti fondativi, nei valori che l’hanno ispirata agli inizi. Il passato, se ben compreso, non è una zavorra: è un capitale simbolico potente. Riscoprirlo e reinterpretarlo con intelligenza è il modo migliore per dare coerenza e forza alla visione futura.

Lo scopo, spesso, è già stato espresso in forma embrionale nella fase iniziale di un’azienda: nei motivi per cui è nata, nelle sfide che ha affrontato, nei primi clienti conquistati. È lì che si trovano i semi di una narrativa che oggi può tornare utile per costruire un’identità forte. Anziché cercare una nuova verità, si tratta di riscoprire quella già esistente e renderla rilevante per il presente.

Questo processo richiede ascolto, ricerca, cura. Serve andare a fondo nei racconti di chi c’era, nei documenti, nei primi prodotti, nei momenti simbolici. Spesso, ciò che sembra “vecchio” è in realtà profondamente attuale, se letto con le lenti giuste. E se questa continuità viene raccontata bene, diventa uno strumento formidabile di fiducia verso l’esterno: perché mostra coerenza, solidità e direzione.

La visione, a sua volta, non può essere costruita ignorando il contesto originario. Un brand che progetta il proprio futuro senza considerare il proprio DNA rischia di perdere autenticità. Ma un brand che sa da dove viene può muoversi con maggiore libertà, proprio perché ha una base solida da cui partire.

Coerenza in ogni touchpoint: dallo sguardo al linguaggio e all’esperienza

Ogni interazione che un utente ha con il brand è un’opportunità per confermare o smentire lo scopo dichiarato. Per questo, la coerenza tra purpose e touchpoint è un requisito imprescindibile. La promessa di marca non può restare confinata nei documenti strategici o nei video corporate: deve emergere in modo chiaro in ogni dettaglio dell’esperienza cliente.

Il design visivo, il tono di voce, l’atteggiamento del customer service, la velocità di risposta, l’ambiente dei punti vendita, l’interfaccia di un’app: ogni elemento comunica qualcosa. Ogni dettaglio parla del brand, della sua identità, dei suoi valori. Un brand che dichiara di mettere al centro la persona ma poi ha un customer service automatizzato e impersonale, entra in contraddizione. E quando la promessa non è mantenuta, la fiducia si erode.

Lavorare sulla coerenza significa costruire linee guida chiare, ma anche formare le persone affinché comprendano il senso di ciò che comunicano. Il brand non è solo fatto di regole grafiche: è un’esperienza continua, fatta di coerenza tra ciò che si dice e ciò che si fa. Ogni punto di contatto, fisico o digitale, è uno spazio in cui il purpose si manifesta o si smarrisce.

È in questa dimensione esperienziale che lo scopo si fa concreto. Le persone non credono più a quello che i brand dicono di essere: credono a quello che sperimentano nel rapporto con essi. E se l’esperienza è coerente con il purpose dichiarato, il brand guadagna autorevolezza e riconoscimento. Altrimenti, perde rilevanza.

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Timing strategico: quando lo scopo e il brand si incontrano nei momenti di svolta

Ci sono momenti nella vita di un’organizzazione in cui tutto cambia. Un cambio di leadership, una fusione, un’acquisizione, un’espansione internazionale, un nuovo piano industriale. Questi snodi rappresentano occasioni perfette per mettere al centro il purpose e ridefinire il brand in chiave strategica. In questi frangenti, l’azienda ha bisogno di raccontarsi di nuovo, di spiegare chi è diventata e dove vuole andare. Il rischio, però, è che la narrazione resti confusa o frammentata. È qui che la strategia di brand diventa essenziale: offre un linguaggio comune, una visione unificata, un’identità coerente da portare avanti.

Lo scopo, se già esistente, può essere rilanciato e reso più visibile. Se invece è stato dimenticato o mai chiaramente espresso, è il momento giusto per costruirlo. Ma attenzione: non si tratta di inventare qualcosa per cavalcare il cambiamento, quanto piuttosto di trovare il filo rosso che dà senso alla trasformazione in atto.

Il brand, in questo senso, non è il risultato del cambiamento: è lo strumento per gestirlo. Permette di guidare le persone nel passaggio, di costruire consenso interno, di comunicare verso l’esterno con maggiore forza. E lo fa offrendo un’identità chiara e uno scopo riconoscibile, in grado di orientare anche in fasi di instabilità.

Purpose e employee engagement: allineare cultura interna e brand esterno

Uno scopo autentico ha valore solo se viene vissuto da chi lavora ogni giorno all’interno dell’azienda. Troppo spesso si tende a considerare la strategia di brand e il purpose come strumenti destinati all’esterno, da indirizzare ai clienti o agli stakeholder. In realtà, lo scopo trova forza reale quando penetra nella cultura aziendale e diventa parte della quotidianità di chi collabora all’interno dell’organizzazione.

Il coinvolgimento dei dipendenti non può essere secondario. Se lo scopo viene calato dall’alto, come una formula da apprendere o una frase da ripetere, rischia di essere percepito come vuoto. Al contrario, quando le persone partecipano attivamente alla sua definizione e sono coinvolte nei processi di branding, con workshop, sessioni di co-creazione, interviste, storytelling individuali, allora si sviluppa un vero senso di appartenenza. Il brand smette di essere qualcosa di imposto e diventa parte della propria identità professionale.

Il risultato? Maggiore motivazione, chiarezza negli obiettivi, allineamento nei comportamenti. Un dipendente che comprende e condivide lo scopo dell’organizzazione si comporta in modo coerente, comunica con autenticità e agisce come ambasciatore del brand. Questo vale in tutti i contesti ma diventa particolarmente rilevante nelle aziende distribuite, con sedi multiple, o nelle realtà in trasformazione.

La comunicazione interna, in questo scenario, diventa leva strategica: non basta informare, bisogna ispirare, ascoltare, costruire narrazioni condivise. Ogni messaggio interno è un’opportunità per rinforzare lo scopo e tradurlo in comportamenti. È da qui che parte il branding autentico: dal dentro, per arrivare fuori.

Branding e customer experience: quando lo scopo diventa servizio

Una strategia di brand efficace non si esaurisce in un manifesto o in una nuova visual identity. Lo scopo prende forma – e diventa reale – nell’esperienza che ogni cliente vive nel momento in cui entra in contatto con l’azienda. Ogni touchpoint, fisico o digitale, è un frammento di narrazione che può rafforzare oppure indebolire lo scopo dichiarato.

Pensiamo all’esperienza utente su un e-commerce: dalla facilità di navigazione al tono con cui viene scritta un’email di conferma, tutto contribuisce a esprimere, o a smentire, ciò che l’azienda dice di essere. Un brand che parla di semplicità deve offrire esperienze snelle; uno che si fonda sull’empatia non può avere un customer service impersonale. La coerenza tra promessa e interazione è fondamentale.

Anche il design gioca un ruolo centrale. Ogni scelta visiva, dal packaging al layout dei punti vendita, dalle interfacce digitali ai materiali promozional, racconta qualcosa. E spesso, racconta più delle parole. La forma visiva può rendere lo scopo tangibile, attraverso l’uso dei colori, dei materiali, dei messaggi impliciti trasmessi da un ambiente ben progettato. Il brand si fa così ambiente sensoriale, spazio narrativo, esperienza immersiva.

Purpose e posizionamento competitivo: il ruolo differenziante del brand

Oggi, un posizionamento competitivo forte passa necessariamente da uno scopo chiaro, distintivo e autentico. Quando lo scopo è vissuto in modo reale e coerente, diventa un elemento differenziante capace di orientare scelte, attrarre talenti e consolidare la relazione con i clienti.

Un brand che ha uno scopo definito sa cosa vuole essere, a chi si rivolge e, soprattutto, perché fa quello che fa. Questo non è solo utile per la comunicazione esterna ma ha effetti diretti sulla strategia aziendale: consente di prendere decisioni più coerenti, di costruire offerte in linea con i valori espressi, di innovare senza perdere identità.

Dal punto di vista del consumatore, questa coerenza si traduce in fiducia. Le persone sono sempre più attente a chi c’è dietro i prodotti, a come vengono trattati i dipendenti, all’impatto sociale o ambientale delle aziende. In questo scenario, il purpose è la bussola che orienta il posizionamento. Non si tratta di fare greenwashing o purpose washing, ma di costruire nel tempo un’identità solida e credibile.

Anche nel B2B, spesso considerato più razionale, lo scopo conta. Aiuta a creare relazioni più profonde con partner e fornitori, a distinguersi in gare e progetti, a diventare un riferimento nel proprio settore. Quando il brand comunica un perché forte e riconoscibile, ogni proposta acquista maggiore valore.

Esempi pratici

Illimity – Dare valore a ciò che altri considerano “non bancabile”

Illimity, banca fondata da Corrado Passera, ha costruito la propria strategia su uno scopo molto chiaro: offrire credito e soluzioni finanziarie a realtà considerate troppo complesse o rischiose da altri. Start-up, PMI in ristrutturazione, aziende ad alto potenziale ma fuori dai radar delle banche tradizionali. Invece di nascondere la propria natura “non convenzionale”, Illimity l’ha resa un punto di forza, facendo leva su tecnologia e visione per posizionarsi in modo differenziante. Lo scopo è chiaro: trasformare il potenziale in valore. E il brand lo racconta con tono, linguaggio e servizi perfettamente coerenti.

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Treedom – Piantare alberi come gesto concreto, non solo simbolico

Treedom ha trasformato lo storytelling ambientale in una piattaforma di azione. Il suo scopo non è solo sensibilizzare sul cambiamento climatico, ma permettere alle persone e alle aziende di piantare alberi in modo tracciabile, coinvolgente e personalizzabile. Il brand è riuscito a rendere “visibile” uno scopo che spesso resta astratto, e ha costruito attorno a questa idea una narrazione coerente, dal sito ai social, fino alla UX della piattaforma. Un esempio perfetto di brand che dà corpo e concretezza a uno scopo, trasformando ogni azione in una piccola esperienza valoriale.

Fater – Innovare in ottica circolare nel mercato dell’igiene

Fater, azienda che produce marchi come Pampers e Lines, ha sviluppato un forte orientamento all’economia circolare, in particolare nel trattamento e riciclo dei prodotti assorbenti usati. Uno scopo scomodo, difficile da comunicare, ma proprio per questo fortemente distintivo. Attraverso progetti pilota e tecnologie proprietarie, Fater ha dato vita a una strategia in cui il purpose non è soltanto “green” ma operativo, industriale, misurabile. E grazie alla comunicazione corporate, il brand ha saputo raccontare anche alle istituzioni e agli stakeholder il valore del proprio impegno.

 

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