Inbound Marketing, cos'è il conversion path

Inbound Marketing, cos'è il conversion path

Capitolo della Guida all'inbound marketing dedicato a cos'è il conversion path? Ancora prima di mettere in gioco gli sviluppatori, un processo di conversione nasce su carta, cioè nella testa di chi lo sta progettando. Tutto deve essere ben calibrato ma soprattutto chiaro nella testa pensante di chi ha in mano la strategia altrimenti si parte già male. Iniziamo con 2 assunti che apparentemente non c'entrano nulla con l'inbound marketing ma che soprattutto sono assolutamente falsi:

  1. Amazon, stilisticamente, non è un bel sito
  2. Il mio potenziale cliente è chiunque

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Ok, ora che ho sparato le mie frasi ad effetto, vediamo come possiamo incastrarle all'interno del nostro contesto. Discutevo (in senso buono) con un cliente l'altro giorno e mi sono reso conto che da quando ho iniziato la mia carriera da pubblicitario, la mia idea su come avrebbe dovuto essere un'agenzia di comunicazione era molto diversa rispetto ad ora: i primi anni ero molto attento a fare anche "cose belle" più che funzionali. Oggi del "bello" di per sé mi frega veramente poco: il lato positivo del digital marketing è sicuramente quello di aver spostato l'accento sui risultati e sulla misurabilità.

Ed ecco che incastriamo la prima affermazione: Amazon non è sicuramente il più bel sito del mondo a livello estetico, ma a nessuno interessa. Il tasso di conversione è sicuramente uno tra i più alti, di conseguenza il fatturato si alza, la profondità della gamma è maggiore di quella della Fossa delle Marianne e non parliamo neanche del livello di customer service. Insomma, una macchina da soldi praticamente perfetta. Perché ormai se un sito è ben disegnato in termini di interfaccia, non deve essere necessariamente bello. Diciamolo, una volta per tutte: gli utenti cercano l'esperienza e la creatività nel web design si sta sempre più sovrapponendo al concetto di user interface.

Arriviamo alla seconda frase ad effetto: molti business, come ad esempio quello delle bevande gasate, hanno un target veramente ampio. Esistono dei business invece, per la maggior parte B2B in effetti, in cui il target è molto ben definito e la sua conoscenza da parte dell'azienda è fondamentale alla realizzazione del business stesso. Cosa vuol dire? Che per vendere devi conoscere i tuoi clienti. Devi sapere chi sono, come sono fatti, cosa fanno, a cosa sono interessati, con chi si relazionano, dove si informano e quando lo fanno. In pratica, devi sapere tutto di loro. Perché sapere queste cose apre le porte della comunicazione: quando due estranei si mettono a parlare, diciamo in ascensore, affrontano solitamente argomenti molto generali e che fanno parte del background di ognuno di noi. Parliamo così del tempo, del freddo che fa fuori, di calcio o del Governo. In questo modo cerchiamo di stabilire quale sia il contesto condiviso entro cui muoversi nella conversazione. Stessa cosa vale per la vostra azienda e i vostri consumatori: conoscerli significa poter parlare la loro lingua, fare riferimento ai loro interessi, ai loro gusti, alle loro aspirazioni o ai loro bisogni. Per questo è fondamentale conoscerli.

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L'ho presa un po' larga, ne rendo conto, ma alla fine ci siamo arrivati: l'interfaccia e il contenuto sono i punti cardine della realizzazione di landing pages che convertono. Anzi, ancora prima di partire a disegnare, è bene definire tutto:

  1. Chi sono i tuoi clienti e le loro abitudini, argomento già trattato
  2. Qual è l'obiettivo della landing page, ovvero capire cosa consideriamo "conversione" (quale azione devono compiere i miei utenti) e disegnare la pagina di conseguenza,
  3. Quali sono le CTA da utilizzare, quali parole usare, dove mettere i bottoni, dove il form.

Su questi ultimi 3 punti, sicuramente, possiamo imparare da Amazon. Settimana prossima prima di capire come impostare un percorso di conversione (conversion path), parliamo del purchase funnel e del buyer's journey in ottica inbound.

Luca Bizzarri

 OFG Advertising, agenzia di inbound a Milano