Formazione aziendale e trattativa etica: gestire clienti difficili

Gestire clienti difficili

Svolgere l’attività commerciale, o comunque un’attività di servizio, comporta inevitabilmente il fatto di doversi confrontare ogni giorno con persone molto diverse tra loro, ma soprattutto molto diverse da sé. Con alcune di queste si vengono a determinare situazioni molto complicate da gestire nel corso di una trattativa.   

Da molto tempo sostengo, soprattutto di fronte ai partecipanti ai miei corsi sulla trattativa, che non esistono persone difficili, ma, più realisticamente, persone con le quali io ho difficoltà. 


Mi rendo conto che spesso questa affermazione non incontra il favore di molti di loro. Questo perché, come in molte altre occasioni durante la formazione professionale, cerco di proporre punti di vista alternativi, ma soprattutto, possibilmente sempre più funzionali

Questa maggiore funzionalità consiste, di fatto, nell’offrire a se stessi almeno una possibilità di miglioramento della situazione.

Scarica la checklist per gestire una trattativa etica!

In altre parole, se accettiamo passivamente il fatto che ci sono “persone difficili”, implicitamente decretiamo la nostra impotenza a modificare uno stato di fatto negativo. Concretamente, subiamo una situazione che ci impedisce la possibilità di portare a termine una trattativa commerciale con successo.
Non riusciamo materialmente a concludere in modo positivo una trattativa. 

Alla base di questa mancanza di risultato ci sono due inabilità:

  • di gestione delle proprie emozioni 
  • di gestione della propria comunicazione

Questi due aspetti sono determinanti per il buon esito della trattativa etica che propongo come modalità formativa

Perché la gestione delle emozioni diventa un elemento basilare nello sviluppo di una trattativa in chiave etica? Perché la nostra difficoltà nasce spesso dalla non accettazione dell’interlocutore.

Sarebbe più corretto dire che si tratta della difficoltà ad accettare tutti quei comportamenti che si trovano al di fuori del nostro modo di concepire un’attività di scambio

In pratica, detestiamo comportamenti che giudichiamo aggressivi nei nostri confronti, oppure quelli che percepiamo come in grado di sminuire la nostra persona, il nostro lavoro e il nostro impegno. 

Detestiamo l’arroganza e la maleducazione. Ed è tutto sicuramente lecito, se non fosse realmente e totalmente controproducente. 

La reazione in aula è in molti casi particolarmente forte: “allora mi devo lasciare offendere? - significa che devo sempre essere d’accordo? - è impossibile accettare certi comportamenti!” e così via.

Assolutamente normale seguendo la logica di difesa del nostro ego che abbiamo ricevuto dall’educazione da parte della famiglia e della società. Il punto di vista alternativo è: chi ha detto che tutto ciò significhi subire? Di quale lotta per l’affermazione di sé stiamo parlando? 

Ecco il punto: affermarsi.

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La cosa difficile in buona sostanza, non è altro che la diversità tra me e l’interlocutore. Una persona con la quale faccio fatica ad affermare me stesso. Perché? Semplice: possiede caratteristiche e comportamenti per i quali non sono sufficientemente “attrezzato” dal punto di vista emotivo e comunicativo. 

La trattativa passa così da un piano professionale ad uno personale. La vera difficoltà dunque consiste nell’accettare questa differenza, e soprattutto, la propria insufficienza operativa.

Per affrontare al meglio la situazione è fondamentale ristrutturare il proprio modo di vedere le cose. Innanzitutto il cliente non è una minaccia ma un'opportunità, non solo di condurre una nuova trattativa, ma di migliorare la gestione di sé di fronte a situazioni impegnative. 

In secondo luogo la sensazione di essere sminuito dal comportamento di un cliente aggressivo, arrogante, maleducato, dipende solo ed esclusivamente dalla limitata fiducia in se stessi. Come sottolineato in un celebre aforisma di Elenor Roosvelt: 

“Nessuno può farti sentire inferiore senza il tuo consenso.”

Enfatizzo sempre il fatto che il cliente “fa se stesso”, e il professionista deve riuscire a fare altrettanto, ma con un'abilità in più: portare a termine positivamente la trattativa nonostante quel particolare cliente. La vera soddisfazione consiste proprio in questo. 

La trattativa diventa in questo modo una tappa di un lungo viaggio di scoperta e di apprendimento; un modo per crescere e migliorare costantemente traendone la massima soddisfazione, consapevoli che non tutto andrà sempre come vorremmo, ma ogni volta è una esperienza arricchente. 

Le persone che considerano le trattative come una battaglia di argomentazioni, come una vera e propria disfida in un torneo di parole, vengono sopraffatte dai propri stessi pensieri. Sono travolte  dalle "urla" della propria mente che vuole "vincere" sulla minaccia dell'altro al proprio ego. 

Tutto ciò comporta ovviamente una precisa disponibilità e un impegno determinato. L’aspettativa di alcuni partecipanti ai corsi sulla trattativa è spesso quella di ottenere indicazioni che applicate una volta possano cambiare il corso della propria vita professionale. Certamente l’obiettivo è proprio quello di trasformare in meglio la propria professionalità, ma non può accadere senza una costante sperimentazione e senza la disponibilità al cambiamento. Impossibile mettere a frutto quanto appreso in un corso senza uscire dalla propria zona di comfort. Impossibile riuscire senza commettere prima degli errori. 

Alcuni punti fondamentali:

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Claudio Casiraghi