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Brand positioning e brand strategy: cosa sono e differenze

Brand positioning e brand strategy cosa sono e differenze

Perché distinguere brand positioning da brand strategy può cambiare le sorti di un marchio

Ogni azienda desidera emergere nel mercato: farsi riconoscere, costruire fiducia, attrarre clienti fedeli. Ma spesso accade che, nella definizione della propria identità, si confondano concetti fondamentali come brand strategy e brand positioning. Sebbene siano intimamente collegati e interdipendenti, non sono la stessa cosa. Comprendere la differenza è importante, perché permette non solo di definire una direzione chiara ma anche di allineare ogni attività, dal packaging alla comunicazione, con ciò che si vuole che la marca rappresenti nella mente del cliente. Quando quest’allineamento manca, il rischio è di perdere coerenza, incidere poco, apparire vuoti o passare inosservati.

Brand strategy è la base razionale: analisi, dati, scelte su dove competere, con chi, in che modo, con quali risorse. Brand positioning è la promessa emotiva, la voce distintiva, ciò che la marca vuole occupare nella testa (e nel cuore) delle persone. Se la strategia è un progetto su carta, il positioning è il colore che trasmette il carattere: il positioning agisce come faro che guida l’attenzione, mentre la brand strategy definisce la rotta.

È essenziale che entrambi non solo esistano ma siano armonizzati: una strategia precisa senza un positioning capace di emozionare può risultare fredda e priva di appeal; un positioning forte ma non supportato da una strategia concreta rischia di rimanere pura aspirazione.

Applicare correttamente l’utilizzo dell’uno e dell’altra nel proprio processo decisionale può essere il fattore che fa la differenza tra essere “un altro marchio” e diventare un brand riconosciuto.

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Che cos’è la brand strategy

Brand strategy è quel processo metodico che serve a stabilire le basi su cui costruire il marchio. Non parte dall’ispirazione ma dall’analisi: dati di mercato, comportamenti dei consumatori, competitor, punti di forza e di debolezza (interni ed esterni). È la mappa che definisce chi, cosa, dove, quando e perché.

Nel dettaglio:

  • Chi: determinare i segmenti di pubblico prioritario, capire chi sono le persone alle quali si rivolge il brand, quali sono le loro aspettative, paure, aspirazioni.
  • Perché: riconoscere il motivo per cui quel pubblico dovrebbe scegliere il brand; quali bisogni reali o desideri profondi il brand intende soddisfare.
  • Dove e quando: scegliere i canali, i momenti, le situazioni più rilevanti in cui presentarsi; capire contesti fisici o digitali, occasioni d’uso, percorsi decisionali.
  • Cosa: analisi dei competitor, delle offerte esistenti e delle opportunità non sfruttate. Decidere quali differenze valorizzare, quali promesse mantenere, quale valore offrirsi per essere distintivi.

Brand strategy è anche misurabile: stabilisce metriche, indicatori che permettono di capire se le scelte fatte stanno funzionando (awareness, preferenza, fedeltà, crescita, percezione). Serve a garantire che le attività del brand abbiano coerenza nel tempo e siano funzionali agli obiettivi aziendali.

Che cos’è il brand positioning

Brand positioning riguarda la percezione. È la promessa emotiva e razionale che il marchio fa, ciò che vuole significare nella mente e nel cuore del suo pubblico. È l’immagine distintiva, ciò che rende il marchio memorabile. Se la brand strategy decide dove giocare e come, il positioning decide cosa dire e come far sentire.

Caratteristiche principali:

  • Deve essere credibile e distintivo: non basta essere diversi: bisogna che la differenza conti per il cliente.
  • Deve essere coerente con ciò che l’azienda può realmente offrire, non una aspirazione irrealistica.
  • Deve essere sintetico e chiaro: spesso una frase essenziale, un tratto emozionale forte, un’essenza di marca che risuona.
  • Deve evocare non solo il prodotto ma anche l’identità, la promessa, la storia.

Un buon positioning cattura l’immaginazione, ispira, crea attaccamento. Non è un semplice claim pubblicitario ma qualcosa che permea tutti i punti di contatto: packaging, tono di voce, customer experience, messaggi, design, cultura aziendale.

Differenze principali tra brand strategy e brand positioning

Dimensione analizzata Brand Strategy Brand Positioning
Obiettivo principale Definire l’approccio competitivo del brand (mercato, target, vantaggio) Occupare una posizione chiara e distintiva nella mente delle persone
Tipo di processo Analitico, razionale, basato su dati e insight Creativo, emotivo, basato sulla percezione e sul significato
Domande a cui risponde Chi siamo? Dove competiamo? Come vinciamo? Come vogliamo essere percepiti? Che emozione evochiamo?
Output generato Segmentazione, value proposition, piano competitivo, metriche Promessa emotiva, tone of voice, claim, immaginario narrativo
Ambito di applicazione Pianificazione di prodotto, marketing, vendite, canali Comunicazione, design, identità visiva, contenuti
Misurabilità Metriche oggettive: quota di mercato, crescita, fedeltà, conversione Metriche percettive: brand awareness, associazioni mentali, riconoscibilità

Anche se sono distinte, non funzionano bene isolate. Una strategia senza positioning rischia di essere opportunistica o inconsistente; un positioning senza strategia rischia di essere bello ma vuoto, di non avere fondamento pratico.

Perché distinguere e far collaborare branding strategy e positioning

Capire la differenza non è un esercizio accademico: ha impatti concreti:

  • Coerenza di marca: quando tutto (messaggi, esperienza, prodotto) deriva da una strategia solida e da un positioning autentico, il brand appare coerente, affidabile. Questo costruisce fiducia.
  • Differenziazione efficace: in mercati saturi, la differenziazione è ciò che spinge l’attenzione. Positioning forte permette di emergere.
  • Efficienza operativa: definire strategia e positioning all’inizio riduce conflitti interni, evita dispersione di risorse, permette priorità chiare.
  • Agilità e rilevanza nel tempo: un brand che sa su quale terreno gioca e quale percezione vuole incarnare può adattarsi ai cambiamenti del mercato restando fedele alla propria identità.

Brand positioning e brand strategy nel rebranding: cosa cambia davvero

Un rebranding efficace non parte mai dal logo. Parte da dentro. Quando un’azienda decide di rilanciarsi, espandersi o cambiare pubblico di riferimento, non può limitarsi a un restyling estetico. Deve rimettere in discussione la propria strategia e il proprio posizionamento.

La brand strategy deve essere aggiornata in base ai nuovi obiettivi, alle mutate condizioni di mercato, alle ambizioni evolute. Serve capire se il pubblico a cui ci si rivolge è ancora lo stesso, se le leve competitive sono cambiate, se i messaggi finora veicolati sono ancora rilevanti. A quel punto, il positioning viene ridisegnato per allinearsi con la nuova identità. Solo allora si passa alla parte visiva: naming, logo, identità visiva, tone of voice.

Un rebranding che salta la strategia e il posizionamento rischia di essere percepito come incoerente o puramente cosmetico. E i clienti lo sentono.

Come farli lavorare insieme: percorso evolutivo

  1. Ricerca e insight: raccogli dati qualitativi e quantitativi sul mercato, sul target, sui competitor; ascolta i bisogni reali, le emozioni, le percezioni attuali.
  2. Definizione strategica: stabilisci con chiarezza gli elementi “chi”, “perché”, “cosa”, “dove”, “quando”. Crea la mappa competitiva, identifica opportunità non servite.
  3. Sviluppo del positioning: partendo dagli insight strategici, crea la promessa, la voce, l’identità unica che desideri costruire nella mente del pubblico.
  4. Allineamento operativo: verifica che tutte le funzioni aziendali (prodotto, marketing, vendite, servizio clienti) riflettano quel positioning nei materiali, messaggi, esperienza.
  5. Misurazione e aggiustamento: monitora la performance sia della strategia che della percezione (brand awareness, salute del brand, percezione rispetto ai competitor) e regola.

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Quando aggiornare brand strategy e brand positioning

Anche le strategie più solide e i positioning più efficaci non sono eterni. Cambiano i mercati, i bisogni delle persone si trasformano, emergono nuovi competitor, cambiano i canali di comunicazione e le abitudini di acquisto. Un brand che non rilegge sé stesso rischia di diventare irrilevante anche se era stato rilevante. Per questo è fondamentale imparare a riconoscere i segnali che indicano che è arrivato il momento di aggiornare strategia e/o posizionamento.

Segnali da non ignorare: quando è il momento di aggiornare brand strategy e positioning

Capire quando intervenire sulla propria strategia di marca è tanto importante quanto definirla bene all’inizio. Ci sono situazioni che non possono essere ignorate, momenti in cui il contesto cambia più in fretta della percezione del brand. Ecco i segnali principali che dovrebbero attivare un ripensamento strategico e posizionale. L’errore più comune? Rinfrescare solo l’estetica — logo, claim, visual — senza toccare le fondamenta. Il pubblico sente quando il cambiamento è solo superficiale. Per essere credibile, ogni rinnovamento deve partire da un lavoro strategico e posizionale. Solo così si crea coerenza tra ciò che si comunica e ciò che si è davvero.

Calo di rilevanza percepita. È il primo segnale che arriva dal mercato ma anche il più pericoloso perché spesso è silenzioso. Se il brand non è più citato spontaneamente nelle conversazioni, se cala l’engagement organico, se le persone faticano a ricordarlo o a distinguerlo, significa che ha perso potere simbolico. Questo accade spesso quando il posizionamento non evolve con le aspettative del pubblico o quando il brand non riesce più a parlare un linguaggio significativo. La marca è presente ma non importa più. In questo caso, il positioning va ripensato per tornare a generare connessioni emotive.

Stagnazione delle vendite. Non sempre un calo delle performance commerciali dipende dal prodotto. Se la qualità è costante, ma le vendite si fermano, può esserci un problema di strategia di marca. Magari il brand ha perso differenziazione, non è più percepito come rilevante oppure la value proposition è diventata generica. Un aggiornamento della brand strategy può aiutare a ridefinire il target, valorizzare nuove leve e ricollocarsi in un contesto competitivo che nel frattempo è cambiato.

Cambiamenti generazionali nel pubblico. Ogni generazione ha valori, priorità, aspettative diverse. Un brand costruito su insight validi dieci anni fa potrebbe oggi risultare distante o addirittura fuori tono. Ad esempio, l’attenzione alla sostenibilità, l’inclusività, l’ironia dei formati digitali o il desiderio di autenticità sono tutti fattori che oggi influenzano il modo in cui le nuove generazioni scelgono un brand. Quando il target si evolve, il brand deve accompagnare questo cambiamento con una nuova strategia e un posizionamento che rispecchi i nuovi codici culturali.

Evoluzione dei competitor. Anche se il brand resta fedele a sé stesso, il contesto competitivo non sta fermo. Nuovi competitor possono entrare con una comunicazione più efficace, un’offerta più agile o una promessa di marca più attuale. Altri brand storici possono reinventarsi, cambiando la percezione del mercato. Quando succede, non basta “difendersi”: bisogna ripensare la propria strategia per non perdere unicità. La risposta non deve essere una copia, ma un posizionamento più autentico, più netto, più riconoscibile rispetto ai nuovi attori in campo.

Ingresso in nuovi mercati. Espandersi in nuovi mercati — che siano geografici, culturali o di business — richiede un ripensamento profondo. Quello che funziona in Italia potrebbe non funzionare in Spagna o in Germania; oppure una marca B2C che entra nel B2B dovrà rivedere completamente il proprio tono, le promesse, le logiche di fiducia. Entrare in un nuovo contesto senza aggiornare brand strategy e positioning significa esporsi al rischio di fraintendimenti, disconnessioni o, peggio, indifferenza. Serve una strategia dedicata, pensata per le nuove dinamiche e un posizionamento che tenga conto delle specificità culturali o settoriali.

Fusioni o nuove leadership. Quando cambia la proprietà, la governance o la direzione strategica di un’azienda, cambiano inevitabilmente anche le visioni di fondo. In questi casi, continuare con la vecchia brand strategy può creare incoerenza o addirittura contraddizione. Una nuova leadership porta nuovi obiettivi, nuovi orizzonti, a volte una nuova mission. È il momento giusto per ridefinire la strategia di marca e allineare il posizionamento con le nuove ambizioni. Anche perché ogni trasformazione profonda va comunicata non solo ai clienti, ma anche al team interno, agli stakeholder, al mercato in senso lato.

Esempi pratici

Eccoci ad alcuni esempi concreti che mostrano come aziende abbiano applicato con successo (o modificato) la combinazione di brand strategy e positioning.

Gucci. Strategia: serve una clientela premium, internazionale, focalizzata su alta moda, esclusività, lusso. Posizionamento: più che l’indumento, Gucci vuole significare un’eleganza audace, un’estetica che sfida convenzioni, una decadenza glamour. L’identità visiva, le sfilate, le collaborazioni culturali creano una promessa percepita che va oltre il prodotto.

Barilla. Strategia: mercato food italiano ed internazionale; famiglia, qualità, gusto; convenienza e diffusione capillare. Posizionamento: Barilla è “la pasta della famiglia”, sinonimo di tradizione italiana, genuinità, momenti accoglienti a tavola. Ogni campagna pubblicitaria, packaging, ricetta è coerente con questa promessa emotiva.

Dolce & Gabbana (Cina)

Strategia: il brand punta da anni a una presenza globale, con particolare attenzione al mercato asiatico e a quello cinese, dove il lusso italiano è considerato simbolo di status e gusto. L’obiettivo era consolidare la presenza in Asia con un’immagine di marca fortemente legata all’eleganza mediterranea e al patrimonio stilistico italiano.

Posizionamento: Dolce & Gabbana ha sempre giocato su un immaginario sensuale, teatrale, barocco, fortemente radicato nella cultura italiana. Ma quando ha cercato di trasportare quel posizionamento nel mercato cinese, la mancata comprensione dei codici culturali locali ha avuto effetti drammatici. Una campagna pubblicitaria del 2018 — pensata per essere ironica e provocatoria — è stata percepita dal pubblico cinese come offensiva e stereotipata. Il messaggio che il brand intendeva trasmettere (la fusione tra tradizione orientale e stile italiano) si è trasformato in un esempio di comunicazione culturalmente insensibile.

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Risultato: backlash immediato, boicottaggi, influencer che hanno preso le distanze, ritiro dei prodotti da piattaforme cinesi e un danno d’immagine ancora oggi difficile da recuperare. Questo caso evidenzia quanto sia essenziale rivedere brand positioning e strategia quando si entra in un nuovo mercato, soprattutto se ci sono barriere culturali. L’errore non è stato solo comunicativo: è stato strategico. Il posizionamento scelto non è stato adattato, e la strategia ha sottovalutato l’importanza del contesto culturale.

 

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